De Petris (Si): «Dovremo tappare tutti i buchi delle sue promesse, neanche Monti fece così»
Intervista La senatrice: la fiducia in fretta per farlo dimettere,il governo usa un metodo arrogante fino alla fino alla fine. Anche a questo gli italiani hanno detto No
Intervista La senatrice: la fiducia in fretta per farlo dimettere,il governo usa un metodo arrogante fino alla fino alla fine. Anche a questo gli italiani hanno detto No
Arriverà oggi al senato l’ultima fiducia al governo Renzi, posta in fretta e in furia alla manovra. Poi le dimissioni. Innanzitutto: i voti ci saranno? «Non lo so. Posso dire che c’è turbolenza. Noi di certo non la votiamo», risponde la senatrice Loredana De Petris (Sinistra italiana), presidente del gruppo misto.Un paradosso: Renzi chiede la fiducia per poi dimettersi. Ma anche se non la ottenesse si dimetterebbe lo stesso. Non ci sono precedenti, hanno provato a chiamarla fiducia tecnica. Ma nella nostra Costituzione non esiste. È un paradosso, ma del resto è il segno di questo governo. Fino alla fine un metodo fra l’arroganza e il ridicolo, lo stesso usato per la riforma costituzionale bocciata dal referendum.
Quali sono i capitoli della manovra che non condividete?
Sono venute meno tutte le promesse elettorali. Mano le risorse per una parte del preaccordo sui contratti per la pubblica amministrazione. Mancano i famosi soldi per i bambini di Taranto. C’è una serie di questioni che la camera aveva detto che dovevano essere inserite qui in senato.
Insomma le promesse elettorali di Renzi si sono rivelate bugie?
E non gli sono neanche bastate. Ora se ne va e lascia aperti tutti i problemi. Non fece così neanche Monti, nel 2012. Andò dal capo dello Stato, preannunciò le dimissioni, gli furono congelate, poi le formalizzò dopo la legge di stabilità. Una settimana in più non avrebbe cambiato nulla.
Il nuovo governo si dovrà accollare il mille proroghe?
E anche le correzioni che chiede l’Europa. In pratica dovrà tappare tutti i buchi. E perché tutto questo non gli si rivolti contro Renzi avrà bisogno di un premier di sua assoluta fiducia. Magari mantenendo Padoan all’Economia. E anche per gestire in prima persona la fase elettorale.
Renzi ha fretta di dimettersi.
La sua è irresponsabilità politica nei confronti del Paese. È il suo metodo, ha spaccato un paese sulla Costituzione.
La sua scommessa politica detta i tempi della crisi?
I suoi lo hanno convinto che se va presto al voto incassa il 40 per cento dei voti.
Renzi dice di essere pronto al voto con qualsiasi legge elettorale. Lei ci crede o è solo propaganda?
Abbiamo infelicitato gli elettori con il famoso combinato disposto fra riforma e Italicum. Di fatto insieme alla riforma anche l’Italicum è stato bocciato. Renzi vuole la nuova versione scritta con Cuperlo per coalizzarsi con Alfano? Difficile che gli riesca. Intanto vediamo cosa decide la Consulta il 24 gennaio. Siamo obbligati ad aspettare la sentenza, non possiamo andare di nuovo al voto con una legge a rischio di essere dichiarata incostituzionale.
Poi c’è il problema del senato, il Colle dice che è impossibile andare al voto con leggi così disomogenee.
Appunto. Una camera si eleggerebbe con un sistema molto maggioritario, l’altra con un proporzionale con sbarramento alto. D’altro canto quello che propongono i 5 stelle, e cioè di trasferire al senato l’Italicum corretto dalla Corte, potrebbe non funzionare. Insomma bisognerà rimettere mano alla legge elettorale.
I tempi per una nuova legge non coincidono con quelli che vuole Renzi.
Votare a febbraio mi sembra impossibile. Si arriva almeno a primavera.
Ma lei è d’accordo con questa accelerazione?
Abbiamo il dovere di scrivere una legge elettorale razionale. E poi andare al voto, certo. Ma non si scherza con le istituzioni.
Sempre a proposito di fretta, oggi dovete votare la fiducia nei tempi dettati dalla riunione di direzione del Pd.
Renzi accelera per evitare il congresso del suo partito e attraverso le liste fare le epurazioni di tutta quella parte del Pd ha votato per il No. Si aprirà una fase per tutto il mondo della sinistra che ha lavorato insieme per il No e che dovrà trovare un modo per affermare la sua presenza.
Sta pensando a un partito o una forma di coalizione sociale?
No, non a un partito. Sto dicendo che durante la campagna referendaria non abbiamo incontrato i pezzettini della sinistra ma un popolo che si rimetteva in movimento. E che ha bisogno di rappresentanza e di protagonismo, anche con forme diverse.
In questi stessi tempi anche Sinistra italiana ha il suo congresso fondativo. Voi invece il congresso lo fate?
Certo, ed è una buona coincidenza, ci dà la possibilità di far nascere il nuovo partito sull’onda del successo referendario.
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