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De Masi: «Meloni è diventata liberista, la sinistra non c’è più»

De Masi: «Meloni è diventata liberista, la sinistra non c’è più»Il sociologo del lavoro Domenico De Masi – Foto LaPresse

Intervista Il sociologo vicino a Conte: «Fdi ha più voti di Salvini e Berlusconi ma sul Reddito si piega alla loro lineaAlle imprese è stato dato tutto perché assumessero: non lo hanno fatto. La proposta di Conte di ridurre l’orario a parità di salario è mia ma servono le 28 ore dei metalmeccanici tedeschi. Solo io ho cercato di educare il M5s, gli altri intellettuali hanno la puzza sotto il naso. All’opposizione bisognerebbe ripartire dai 14 milioni di poveri, renderli consapevoli di essere una classe»

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 19 agosto 2022

Professor Domenico De Masi, si aspettava dichiarazioni così dure da parte di Giorgia Meloni contro il reddito di cittadinanza?
Bisogna partire dal fatto che in Italia ci sono 6 milioni di poveri assoluti che non hanno il minimo necessario per vivere e 8 milioni che hanno appena l’indispensabile per mangiare. Si tratta di un totale di 14 su 60 milioni di abitanti, il tutto mentre su 186 paesi siamo all’ottavo posto per Pil e ricchezza. L’Italia è stato l’ultimo paese dell’Ocse a prevedere una misura contro la povertà e ha previsto l’ammontare più basso. E anche con il «governo dei migliori» di Draghi i poveri sono aumentati. Fra questi 14 milioni ci sono persone che, anche se potessero lavorare, non potrebbero farlo: anziani, disabili. Bisogna chiedere a Meloni cosa vuole fare di queste persone.

Il suo responsabile economico Maurizio Leo propone «un sussidio» per queste persone «gestito dagli assessorati agli affari sociali dei singoli enti territoriali con il controllo della Guardia di finanza per evitare frodi» mentre il Reddito di cittadinanza andrebbe abolito per chi può lavorare usando i 6 miliardi risparmiati «per la riduzione del carico fiscale alle imprese che assumono». Cosa ne pensa?
Non bisogna guardare alla politica economica solo da un lato, quello del Reddito di cittadinanza. Alle imprese in questi anni è già stato dato tutto. Nel 2002 gli occupati erano il 58%, poi abbiamo avuto le leggi sulla flessibilità del mercato del lavoro, l’abolizione dell’Irap, il Jobs act con la cancellazione dell’articolo 18 e miliardi di bonus in questi ultimi anni. Alle imprese, solo con il Jobs act sono andati 30 miliardi affinché fossero incentivate ad assumere. Dopo tutto questo, siamo passati a un tasso occupazione del 60%: solo due punti in più. Nel frattempo la Germania è al 79%.

È evidente anche ai muri: le imprese le abbiamo aiutate fin troppo e senza i risultati previsti.
Però c’è una cosa che neanche Meloni ha capito: se una azienda ha soldi compra robot, non operai. Se non si riduce l’orario di lavoro…

…E difatti proprio martedì Conte ha proposto di sperimentare la riduzione a 36 ore settimanali nei settori a maggior tecnologia a parità di salario: è chiara la sua firma sulla proposta…
Sì, ma io avrei proposto molto di più: in Germania i metalmeccanici lavorano 28 ore, qui da noi ancora 40. Solo così si aumenta l’occupazione.

Dunque abolire il Reddito di cittadinanza non creerà posti di lavoro come pensa tutta la destra e buona parte del centro…
Questo odio contro il Reddito di cittadinanza è un odio stupido. È stato guidato da Matteo Renzi e dai liberisti. La vera colpa è della sinistra che non l’ha difeso. Il Pd fece il Rei, il reddito di inclusione: era una misura piccola e con una modalità di elargizione sbagliato.

Ma Meloni non dovrebbe essere la destra sociale?
Sì, ma in questo momento si è alleata con Salvini e Berlusconi, che sono liberisti. E nonostante lei abbia più voti, sono Salvini e Berlusconi che hanno convertito Meloni al neoliberismo. Nelle elezioni del 1948 si presentarono tre grandi partiti di sinistra: il Pci di Togliatti, il Psi di Nenni e il Psdi di Saragat. Tre sinistre e praticamente nessuna destra, solo l’Uomo qualunque e i monarchici. Oggi siamo esattamente nella situazione opposta: alle elezioni avremo tre destre e nessuna sinistra. Questo è il vero problema per cui Meloni può permettersi di dire queste cose.

Non c’è più sinistra anche perché il M5s si astenne sul ritorno dell’articolo 18 e in questa legislatura ha votato un lungo elenco di leggi di destra, a partire da quelle sui migranti, difese ancora oggi da gran parte dei suoi esponenti.
Quello è successo nel governo con Salvini: ogni cosa che il M5s otteneva a sinistra, doveva cedere qualcosa di destra alla Lega. Lo scambio è avvenuto soprattutto sul Reddito di cittadinanza. Poi è arrivato il secondo governo Conte e mi sembra sia stato un governo che ha fatto cose di sinistra.

Quindi lei continua a considerare di sinistra il M5s?
Non l’ho mai sostenuto. Ho sempre detto che nel 2018 era fatto da granelli di destra e di sinistra. Poi Salvini si è fregato i granelli di destra e il M5s si è quasi dimezzato. Non è di sinistra perché serve cultura di sinistra e oggi non ce l’ha nessuno. Non c’è pedagogia. Per avere il M5s di sinistra, noi intellettuali di sinistra avremmo dovuto educarli. Io l’ho fatto ma sono stato l’unico. Gli altri avevano la puzza sotto al naso. Le condizioni per tentare c’erano: erano il gruppo con più donne, più giovani e più laureati.

Ma hanno scelto la Lega…
Ed è stato un grave errore. Ora è quel poco di sinistra che è rimasta che sta facendo un errore: se Fratoianni avesse fatto un accordo con il M5s si poteva costruire un vero polo di sinistra.

Sembra molto pessimista sull’esito delle elezioni del 25 settembre.
È sicuro: ci aspettano quattro lunghi anni di opposizione. Potrebbero essere l’occasione per trovare un modo di rifondare la sinistra. E bisognerebbe partire proprio dai 14 milioni di poveri che ci sono in Italia, ma devono diventare una classe, una classe sociale consapevole: individuare i nemici, come Meloni, e organizzarsi. Come insegnava Marx. Ma nessuno lo legge più.

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