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Ddl sicurezza, penalisti in sciopero per tre giorni

Polizia schierata durante una manifestazione a Roma foto AnsaPolizia schierata durante una manifestazione a Roma – Ansa

Giustizia L’annuncio del presidente Ucpi davanti ai senatori delle commissioni riunite. L'avv.Francesco Petrelli: «orme profondamente illiberali e autoritarie, con sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi».

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 18 ottobre 2024

«Natura intimidativa dello strumento penale», «matrice securitaria, profondamente illiberale e autoritaria», «incremento irrazionale del sistema carcerocentrico», «aperto contrasto con la ricorrente giurisprudenza costituzionale». Sono solo alcuni dei giudizi sul ddl Sicurezza esposti dagli esperti interrogati ancora ieri dai senatori delle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia nell’ambito dell’iter di approvazione del pacchetto già approvato alla Camera un mese fa. «Le audizioni stanno smontando pezzo per pezzo la pessima legge voluta da Meloni», riferisce a fine seduta il capogruppo di Avs, Peppe De Cristofaro, che presiede il gruppo Misto di palazzo Madama.

Poco prima, davanti a lui, il presidente dell’Unione delle camere penali Francesco Petrelli aveva spiegato i motivi per i quali gli avvocati penalisti italiani hanno proclamato tre giorni di sciopero contro il ddl 1236: si asterranno dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale il 4, 5 e 6 novembre. A Roma, il 5 novembre, si terrà una manifestazione nazionale per «sollecitare il Parlamento ad adottare tutte le opportune modifiche alle norme del pacchetto sicurezza in senso conforme alla Costituzione ed ai principi del diritto penale liberale».

IL PACCHETTO “OMNIBUS” rivela, infatti, secondo l’avv. Petrelli, «una matrice securitaria, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli, caratterizzandosi per l’introduzione di una iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione del principio di ragionevolezza, di eguaglianza e di proporzionalità».

Scelte «del tutto prive di giustificazione, non solo perché non rispondono ad alcuna effettiva messa in pericolo della sicurezza dei cittadini, facendo leva su di un sentimento di insicurezza a sua volta strumentalmente diffuso nella collettività, pur a fronte di una ormai costante e significativa diminuzione dei reati che dura ininterrottamente da circa trent’anni e che ci colloca tra i Paesi più sicuri d’Europa, ma anche in quanto l’aumento delle fattispecie di reato e della misura delle pene, per diffusa e condivisa esperienza, non assicura alcun effetto deterrente e, conseguentemente, non raggiunge neppure gli obiettivi di miglioramento delle condizioni di sicurezza pubblica».

Come già sottolineato prima di lui da altri, in commissione, Petrelli ricorda che «affidare al sistema repressivo penale la soluzione di ogni situazione di marginalità, devianza, o potenziale conflitto sociale» finisce con «l’incrementare irrazionalmente un sistema carcerocentrico produttivo di ulteriore sovraffollamento, incompatibile con ogni forma di rieducazione, a sua volta causa dell’aumento della recidiva».

Dei sei professionisti ascoltati ieri, quattro sono rappresentanti dei corpi di polizia: per il Siulp, Silvano Filippi, Massimo Zucconi Martelli e Enzo Marco Letizia per il Siap Anfp (associazione di dirigenti) e Donato Capece, per il Sappe. Le loro audizioni si sono concentrate soprattutto sulle norme che li riguardano da vicino, con poche e trascurabili recriminazioni.

FORTEMENTE CRITICO, invece, l’avvocato cassazionista Michele Passione, tra i più richiesti nei processi per tortura intentati contro agenti delle forze dell’ordine: «Irragionevoli», «costituzionalmente censurabili» e «indeterminate» le norme sull’occupazione di case. Difficile capire, per esempio, cosa voglia dire «fuori dai casi di concorso del reato… coopera nell’occupazione dell’immobile». Espressione di una «fallace logica deterrente», secondo il legale, anche l’articolo che introduce un’aggravante per chi commette un reato all’interno o nei pressi delle stazioni o sui convogli.

Perché dovrebbe essere maggiormente punito un atto di corruttela commessa su un treno? Passione spiega poi perché il reato di blocco stradale è solo un modo per «criminalizzare il dissenso». O come mai la nuova fattispecie della rivolta in carcere «per un verso rischia l’eterogenesi dei fini» (se si equipara la violenza alla resistenza passiva, si finisce con il favorire la commissione dei reati peggiori), dall’altro «è espressione di una modalità di regolazione dei conflitti in carcere tipica di una concezione autoritaria».

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