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Dall’Avana un secco «no» alla piazza di Arcipelago

Dall’Avana un secco  «no» alla piazza  di ArcipelagoIl drammaturgo Yunior García mostra alla Ap la risposta negativa del governo cubano – Ap

Cuba Negato il permesso alla «Marcia pacifica per il cambiamento».indetta dalla piattaforma del drammaturgo Yunior García. Per il governo è una «rivoluzione colorata» promossa e finanziata dagli Stati uniti

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 15 ottobre 2021

Il socialismo cubano, com’è stabilito dalla Costituzione del 2019, è «irrevocabile». Questo l’argomento di fondo che il governo ha usato martedì per negare il permesso a una manifestazione pacifica indetta dal gruppo di opposizione Arcipelago, una piattaforma fondata dal drammaturgo Yunior García dopo le proteste popolari dello scorso 11 luglio.

Le motivazioni alla base di manifestazioni previste in varie città dell’isola erano basate sulla richiesta della «liberazione dei prigionieri politici, il rispetto di tutti i diritti dei cubani e la soluzione di divergenze (politiche col governo) mediante la via democratica e pacifica». García, come altre decine di promotori, hanno fatto riferimento all’articolo 56 della Costituzione che garantisce il diritto di riunione, manifestazione e associazione con fini leciti e pacifici.

PER QUESTO LE INIZIATIVE erano state definite come «Marcia pacifica per il cambiamento». All’Avana la marcia era stata programmata inizialmente per 20 novembre nel cuore della città vecchia. Poi riprogrammata per il 15, data ufficiale di riapertura dell’isola al turismo, perché il 20 era stato dichiarato dal governo giornata dedicata alle Forze armate rivoluzionarie.

Si tratta di una forma di azione del tutto inedita dell’opposizione che ha suscitato un dibattito nelle reti sociali specie tra chi si riferisce allo “Stato socialista di diritto” previsto dalla Costituzione, ma nel quale si sono inseriti massicciamente i gruppi anticastristi basati sia a Miami che a Madrid che hanno dato a questa convocazione una netto orientamento di rivolta per un «cambio di regime».

A QUESTA LINEA fa riferimento la risposta – un secco «no» dell’intendente dell’Habana Vieja, Alexis Acosta: «La marcia annunciata, il cui schema organizzativo si prevede in simultanea in altri perritori del paese, costituisce una provocazione come parte della strategia di “cambio di regime” a Cuba, strategia già provata in altri paesi».

In sostanza le marce sono viste come l’inizio di una «rivoluzione colorata» promossa e finanziata dagli Stati uniti. Acosta infatti afferma che l’iniziativa di Arcipelago «ha ricevuto l’appoggio pubblico di legislatori statunitensi, operatori politici e media di comunicazione che promuovono azioni contro il popolo cubano, tentano di destabilizzare il paese e chiedono l’intervento militare Usa». Inoltre, la Costituzione (approvata a grande maggioranza in un referendum nel 2019) per Cuba «sceglie in modo libero e sovrano il sistema socialista e la sua irrevocabilità».

«QUESTA RISPOSTA dimostra che il governo non è disposto a stabilire alcun tipo di dialogo civile, né di aprire spazi politici per i cittadini» ha commentato il principale organizzatore, Yunior García. Il quale ha informato che viene mantenuta la convocazione a una «marcia pacifica» per il 15 novembre.

In un periodo di grandi difficoltà economiche nel quale cresce il malcontento popolare per la scarsezza di beni di prima necessità e per un’inflazione che appare fuori controllo e dopo le manifestazioni di protesa dello scorso 11 luglio, un settore del dissenso, come quella organizzato attorno a La joven Cuba, e anche dell’opposizione aveva ipotizzato che il governo potesse accettare «una sfida democratica» e autorizzare la marcia all’Avana. Se non altro per dimostrare, come viene affermato dal vertice politico, che «la grande maggioranza della popolazione è contro un cambiamento del governo socialista cubano» . E per dare sostanza al sistema socialista di diritto previsto dalla Costituzione.

IL SECCO NO RIBADISCE che chiunque dissenta o si opponga alla linea del governo viene giudicato, e trattato, come un controrivoluzionario o «al soldo degli Usa». È vero che l’Amministrazione Biden non ha modificato l’azione di strangolamento economico, finanziario e commerciale attuato dall’ex presidente Trump. Ma è anche un fatto che la situazione di severa crisi quasi senza precedenti che attraversa l’isola richiede una maggiore attenzione a una società civile, già divisa dagli effetti della prolungata crisi e della pandemia di Covid-19 e che chiede riforme che possano migliorare il tenore di vita della popolazione.

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