Politica

D’Alema: riforma condivisa di tre articoli

D’Alema: riforma condivisa di tre articoliL'Anpi rompe con il Pd per la festa di Firenze

Referendum L’ex leader alla festa nazionale attacca Renzi, lancia la sua campagna e presenta un progetto alternativo. I partigiani dell’Anpi non vanno alla festa di Firenze: a differenza di Bologna non ci fanno fare campagna per il No

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 31 agosto 2016

«Una riforma limitata della Costituzione ma condivisa da un ampio arco di forze politiche. Può essere fatta in sei mesi, solo tre articoli in modo che i cittadini possano conoscerla, non come questa proposta dal governo che nessuno ha capito sulla quale ci viene chiesto un plebisicito». Torna Massimo D’Alema, invitato alla festa nazionale dell’Unità per parlare con il ministro Gentiloni di politica estera, si lancia sulla riforma costituzionale. «Il partito democratico non può scherzare con i principi essenziali della democrazia – dice – cambiare le elezioni con una maggioranza raccogliticcia di trasformisti». Arringa la platea che in gran parte è schierata con lui. Il ministro cerca di fermarlo paragonarlo ai 5 Stelle: «Questa posizione da signor no contraddice la sua biografia». L’ex segretario ricorda il No dell’Ulivo alla riforma costituzionale di Berlusconi e mette sul piatto del suo ritorno al centro della campagna elettorale – prossimo un appuntamento a Roma – la sua proposta di riforma costituzionale da presentare dopo la vittoria del No al referendum costituzionale. «Solo tre aritocli, il primo riduce sia deputati che senatori, 400 i primi e 200 i secondi. Articolo due: fine della navetta parlamentare adottando il sistema degli Usa. Articolo tre: il rapporto di fiducia del governo è solo con la camera».

Nel frattempo a Firenze va in frantumi l’armistizio tra il Pd e l’Anpi sulle feste dell’Unità. Motivo dello scontro ancora il referendum costituzionale, con l’associazione dei partigiani che ha deciso di schierarsi per il No e il partito del presidente del Consiglio che sta dedicando tutto, anche le feste di partito, alla causa del Sì. A Bologna, dopo un iniziale rifiuto, la federazione dei democratici ha concesso il tradizionale spazio nella festa all’Anpi, che adesso è lì a spiegare le ragioni del No al referendum. A Firenze invece la sezione cittadina dell’Anpi ha comunicato ieri che non sarà alla festa perché «la segreteria del Pd ci ha detto di ritenere difficilmente conciliabile la compresenza di opinioni opposte all’interno di una festa caratterizzata dalla campagna per il Sì». La risposta del segretario metropolitano del Pd non lascia spazi a una possibile mediazione sul genere di quella trovata a Bologna. «L’Anpi può venire anche domani – ha detto Fabio Incatasciato – è ovvio però che allestire uno stand solo sul no al referendum costituzionale mi pare irrispettoso verso la festa dell’Unità».

Nella città di Renzi i rapporti tra l’Anpi e il Pd sono particolarmente tesi anche perché i partigiani hanno accusato il sindaco Nardella, renziano tra i primi, di averli esclusi dalle cerimonie per l’anniversario della liberazione della città dai nazi fascisti. La nuova rottura potrebbe mettere a rischio il confronto diretto tra Matteo Renzi e il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia – ieri duramente attaccato dall’Unità – che l’anziano leader dei partigiani aveva infine accettato e che dovrebbe tenersi a settembre alla festa di Bologna.

In un’altra festa dell’Unità, quella nazionale del Pd a Catania, ieri sera è arrivato Massimo D’Alema per un confronto con il ministro degli esteri Gentiloni che nelle intenzione degli organizzatori doveva essere dedicato alla politica estera. Non lo è stato, visto che l’ex segretario ha esordito criticando il presidente del Consiglio che «è diventato un politico tradizionale con tutti i peggiori difetti di un politico tradizionale».
Davanti a un pubblico di militanti in prevalenza schierato con lui, D’Alema ha denunciato la «frattura sentimentale» aperta da Renzi nel Pd. E tornando alla «rottamazione» di cui si vede vittima, D’Alema ha detto che «questa violenza contro le persone che non c’è mai stata nella sinistra italiana». Gentiloni ha replicato accusando D’Alema di lavorare per una divisione nel partito, imputandogli il fatto di non aver sostenuto i candidati del Pd alle amministrative – vedi il caso di Giachetti a Roma.

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