La sicurezza secondo Matteo Salvini prevede un’aggravante a misura esatta dei No-Ponte, la castrazione chimica per gli stupratori, un registro delle moschee e un albo nazionale degli Imam, l’arresto obbligatorio per chi travisa il volto durante le manifestazioni, strette sullo spaccio ma anche sull’apertura dei negozi da parte di cittadini stranieri, uno scudo penale per i pubblici ufficiali che usano la violenza quando sono «costretti», l’introduzione delle videocamere per le forze dell’ordine. E ancora, tutto insieme in un gran indistinto calderone scivoloso, il “pacco” – altro che pacchetto – Sicurezza introduce, secondo gli emendamenti depositati dalla Lega, pure la nuova fattispecie di reato dell’«integralismo». E inasprisce le pene per chi commercializza marchi che sfruttano messaggi criminali.

Il ddl Piantedosi-Nordio-Crosetto, stranamente dimenticato dal momento del varo in Cdm nel novembre scorso, avrebbe dovuto volare nelle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali dove è in discussione e approdare in Aula alla Camera entro questa settimana, per ambizione elettorale della premier Meloni. Ma dopo la protesta delle opposizioni è stato rinviato al 17 giugno. Sembrava un gesto di correttezza istituzionale da parte del presidente della Camera Lorenzo Fontana, ma è più probabile che l’esponente leghista abbia colto l’occasione per permettere al suo partito di intervenire sul testo sfidando di nuovo a destra Fd’I. E così al termine previsto per il deposito, slittato infine alle 12 di ieri, oltre alla miriade di emendamenti consegnati dall’opposizione (100 del Pd, 97 del M5S, 48 da Avs, 20 da Iv, 12 da +Europa, 8 dal Gruppo Misto e 2 da Azione), ci sono anche quelli della stessa maggioranza: 35 dalla Lega, 10 da Fd’I, 7 da FI e 1 da Noi moderati.

E COSÌ, OLTRE AGLI INASPRIMENTI di pena per gli occupanti di case, i nuovi reati di blocco stradale e rivolta in carcere, le donne incinte o con bambini in cella, il permesso agli agenti di portare con sé pistole di qualunque tipo, e altre amenità simili già contenute nel ddl Sicurezza, ora c’è l’emendamento scritto apposta per il ministro delle Infrastrutture che inserisce l’aggravante «da un terzo a due terzi della pena» per i reati di violenza o minaccia commessi «al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica». C’è la norma che punisce la commercializzazione di «prodotti con marchi o segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume» con «la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro». E c’è la cauzione di 30 mila euro, «ai fini di garanzia della propria solvibilità fiscale», per i cittadini stranieri che vogliono aprire un negozio.

C’è l’istituzione al Viminale dell’«albo nazionale dei ministri di culto, dei formatori spirituali e delle guide di culto appartenenti alle confessioni che non hanno stipulato intese con lo Stato», ossia l’Islam, e di un registro nazionale degli Imam che richiede tra i requisiti la conoscenza della lingua italiana. E su questo punto è particolarmente evidente come la Lega tenti di scavalcare a destra Fd’I che il 7 maggio scorso ha incassato il varo alla Camera della legge Foti (nel senso del Fratello d’Italia Tommaso), ora in discussione al Senato, che stabilisce il divieto di culto in luoghi con destinazione d’uso diversa. Una legge che modifica l’art.71 del codice del Terzo settore e che, secondo il centro studi sulla libertà di religione Lirec, è «discriminatoria e anticostituzionale»: «La legge – si legge nella nota diffusa ieri – colpisce soprattutto i fedeli musulmani che, discriminati ormai da decenni, sono costretti a riunirsi per pregare in locali non adeguati, ma certamente potrebbe colpire anche altre comunità religiose».

E POI ANCORA tra gli emendamenti della Lega, visto che il reato di tortura è difficile da eliminare, c’è anche uno scudo penale per il pubblico ufficiale che «al fine di adempiere il proprio dovere fa uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o vincere una resistenza attiva o passiva all’autorità». E infine, last but not least, si introduce nel codice penale il reato di integralismo che prevede da 4 a 6 anni di carcere per «chiunque, al fine di o in maniera tale da mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità, propugna o propaganda idee dirette a sostenere sotto qualsiasi forma: l’applicazione della pena di morte per apostasia, omosessualità, adulterio o blasfemia; l’applicazione di pene quali la tortura, la mutilazione o la flagellazione; la negazione della libertà religiosa; la schiavitù, la servitù o la tratta di esseri umani». Una norma che potrebbe perfino ritorcersi contro gli stessi partiti di governo.