Da Vicenza a Brindisi. Sfida  all’ultimo voto Meloni-Schlein
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Da Vicenza a Brindisi. Sfida all’ultimo voto Meloni-Schlein

I ballottaggi nelle città Partite aperte in sei capoluoghi. I dem lottano per tenere la roccaforte marchigiana
Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 maggio 2023

Sette città al ballottaggio, oggi e domani, da nord a sud, daranno un segnale non insignificante sugli equilibri politici nazionali. Di queste, sono 5 le sfide principali, quelle che faranno capire chi ha vinto e chi ha perso: Ancona, Vicenza, Siena, Pisa e Brindisi. Il centrodestra parte in vantaggio in 4 su 5, con l’eccezione di Vicenza: nel cuore del Veneto dominato da Luca Zaia, il trentenne dem Giacomo Possamai, in vantaggio al primo turno col 46% (contro il 44% del sindaco uscente Francesco Rucco), ha buone chance di compiere l’impresa, grazie anche alla scarsa popolarità di Ruco dopo 5 anni di mandato, e alla capacità di costruire un campo larghissimo che, nelle ultime due settimane, si è allargato al M5S e a settori moderati che sostenevano la vecchia amministrazione.

Tolta Vicenza, per il centrosinistra la sfida è in salita. Anche ad Ancona, dove venerdì Elly Schlein ha chiuso la campagna elettorale con la candidata del Pd Ida Simonella. Battendo molto sui temi sociale, a partire dalla sanità pubblica che la destra vuole impoverire. «La sua è una candidatura che esprime una visione di futuro che tiene insieme la questione sociale, del lavoro di qualità, del rilancio economico della città e il clima», ha detto la leader Pd. Nelle ultime due settimane i dem non sono riusciti a fare alleanze con la sinistra di Francesco Rubini (6,1% al primo turno) e col M5S di Enrico Sparapani (3,6%). Entrambi i candidati hanno chiesto ai loro elettori un voto contro la destra, ma è un messaggio molto distante da una prospettiva unitaria. E del resto Simonella, candidata vicina alla ex sindaca Valeria Mancinelli, paga le contraddizioni a tradizione iper riformista, molto gradito a Renzi e Calenda. L’unica buona notizia per il fronte progressista è che la destra ha esaurito al primo turno il proprio potenziale elettorale: e che per il candidato Daniele Silvetti, nonostante l’appoggio di Meloni, non sarà facile neppure riportare alle urne quelli che l’hanno votato due settimane fa.

Anche la vicenda di Brindisi ha il sapore di un’occasione mancata. Il candidato Roberto Fusco, molto vicino a Conte e sostenuto anche dal Pd, è arrivato al 33%: 11 punti in meno di quello del centrodestra Pino Marchionna. La rottura a sinistra con l’ex sindaco Roberto Rossi, sostenuto da verdi e sinistra (10% al primo turno) non si è ricomposta. E neppure quella con il civico ex Pd Pasquale Luperti (12%). Saltato anche il previsto comizio con Conte e Schlein a fianco di Fusco: il leader 5S ha declinato l’invito, preferendo un tour solitario per la città. E così l’unica possibilità per il centrosinistra è che gli elettorati si sommino spontaneamente contro la destra. Anche se è complicato: Marchionna infatti è un ex socialista, noto per aver gestito trent’anni fa lo sbarco di oltre 20mila albanesi in città. Non proprio un esponenti della destra estrema.

Aperta ma molto rischiosa anche la partita toscana. A Pisa l’uscente di destra Miche e Conti ha mancato l’elezione al primo turno per 15 voti, arrivando al 49,96%. Per il centrosinistra è stato un mezzo miracolo, quando tutte le proiezioni lo davano già sindaco. L’alleanza col M5S c’è già, quella con la sinistra di Francesco “Ciccio” Auletta, che ha lasciato libertà di voto ai suoi elettori. «Saremo all’opposizione, qualunque sarà il risultato del ballottaggio. Il nostro programma è chiaramente alternativo a quello del centrodestra di Conti e del centrosinistra di Martinelli». Tanti i temi che dividono la sinistra dal Pd a Pisa: la base militare, le infrastrutture locali, le tasse. Per Martinelli, cattolico delle Acli, servirebbe un miracolo per la rimonta. Ma anche qui conta molto la scarsa propensione degli elettori di destra a tornare alle urne. E, in termini assoluti, i voti che dividono i due candidati sono poco più di tremila.

Molto in salita per i progressisti anche la sfida a Massa, dove la destra, se fosse stata unita, avrebbe vinto al primo turno. Ora c’è da capire se oggi e domani il 20% del candidato di Fdi Marco Guidi (in assenza di accordi tra i partiti) si trasferirà sul candidato di Lega e Fi Francesco Persiani (35,4%). O se Enzo Ricci del Pd (29%) riuscirà nella rimonta. A Siena è difficile fare pronostici: le due candidate, Anna Ferretti del Pd e Nicoletta Fabio del centrodestra sono entrambe intorno al 30%, con una grande dispersione di voti tra candidati civici al primo turno. Poi c’è Terni, dove il ballottaggio è appannaggio delle destre—: quella partitica di Orlando masselli, ex assessore della giunta uscente (35,8%) e quella imprenditoriale di Stefano Bandecchi, patron di UniCusano e della Ternana, che due settimane fa senza partiti ha preso il 28,1%, lasciando fuori dal ballottaggio sia il candidato del Pd che quello di sinistra e 5s.

In Sicilia si gioca il primo tempo della sfida in 4 città. Il centrodestra punta tutto su Catania, dove venerdì Meloni, Salvini e Tajani hanno chiuso la campagna a fianco del candidato imposto da Fdi agli alleati Enrico Trantino. Ma a Siracusa, Ragusa e Trapani, in un quadro molto polverizzato e poco riconducibile agli schemi nazionali, le partite sono aperte. A Siracusa venerdì Conte e Schlein hanno chiuso insieme (lei era in video) la campagna della candidata comune Renata Giunta. Un piccolo segnale di tregua.

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