«Un passo limitato nella direzione corretta». Scetticismo e speranza di un relativo disgelo con gli Stati uniti sono la reazione del ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, al pacchetto di misure annunciate lunedì dalla Casa bianca. Ovvero, più voli verso tutta Cuba, facilitazioni ai programmi di riunificazione familiare, tolte le restrizioni di 1000 dollari ogni trimestre per le rimesse dei cubano-americani verso l’isola, autorizzazione a viaggi non turistici e una serie di misure per favorire i piccoli imprenditori cubani.

DOPO UN ANNO E MEZZO in cui Biden si è dimostrato un Trump 2.0 per quanto riguarda la politica nei confronti dell’Avana, la Casa bianca ha messo in atto quello che alcuni commentatori definiscono «un passo verso il ripristino del disgelo attuato sette anni fa dal presidente Obama». Nonostante il Dipartimento di Stato Usa insista nello specificare che si tratta di decisioni volte a dar più forza al popolo cubano e aiutarlo «a creare un futuro libero dalla repressione», Biden ha fatto un passo nella direzione delle promesse che aveva formulato durante la sua campagna presidenziale, afferma l’economista e analista Esteban Morales.

Promesse che erano reclamate da una parte della comunità cubanoamericana della Florida. E dunque che si contestualizzano nella lotta politica in corso negli Usa per le elezioni di medio termine di novembre. Ma che sono apprezzate dal governo cubano in una fase di gravissima crisi economica, alla quale contribuisce in buona parte il drammatico calo del turismo nell’isola.

OLTRE A RAGIONI di politica interna vi è, secondo l’accademico Carlos Alzugaray, anche la necessità della Casa bianca di evitare il boicottaggio del Vertice delle Americhe in programma il 9 giugno a Los Angeles annunciato dai presenti di Messico, Bolivia, Honduras e da una serie di leader di paesi dei Caraibi in caso siano esclusi Cuba, Venezuela e Nicaragua. Anche il presidente Bolsonaro, seppur per altri motivi, ha messo in dubbio la sua presenza.

Il Vertice, secondo esponenti del Dipartimento di Stato, dovrebbe rappresentare «la più importante iniziativa di Biden» per rilanciare il controllo del subcontinente latinoamericano messo in crisi dalla crescente penetrazione economico-commerciale della Cina. Senza i presidenti dei maggiori paesi latinoamericani il Vertice sarebbe un fallimento, potenzialmente catastrofico per la politica estera di Biden.

ANCHE IL SOCIOLOGO Rafael Hernández ritiene che il pacchetto di misure annunciate dalla Casa bianca ben poco abbia a che fare con la difesa dei diritti umani a Cuba e molto con la politica interna agli Usa. «Biden ha come priorità cercare di mettere fine alla crisi migratoria negli Usa» alla quale contribuisce l’esodo massiccio di cubani. Nell’ultimo anno quasi centomila cubani hanno lasciato l’isola con l’obiettivo di entrare negli Stati uniti. Una emigrazione costosa e pericolosa causata anche dal mancato impegno degli Usa di rispettare gli accordi – firmati trent’anni fa – per concedere almeno 20.000 visti all’anno per cittadini cubani. Avere la collaborazione del governo dell’Avana in questo settore è una priorità, come ha dimostrato il recente incontro ad alto livello di delegazioni dei due paesi per discutere la questione migratoria.

«PASSI LIMITATI» e accompagnati «da un linguaggio apertamente ostile», fatto che «dimostra che non sono cambiati gli obiettivi della politica degli Stati uniti nei confronti di Cuba», commenta il quotidiano del Pcc, Granma. Per parlare di «una svolta» occorrono fatti concreti. Come la revoca dell’ «inclusione fraudolenta di Cuba nell’elenco dei paesi che sponsorizzano il terrorismo» e «della maggior parte delle misure coercitive di massima pressione volute da Trump che colpiscono ancora il popolo cubano».