Csm, il voto tra assenze e dissensi
Giustizia L'aula della camera conclude in poche ore l'esame degli articoli della riforma Cartabia. Voto finale rinviato a martedì. Approvate solo piccole modifiche volute dal governo, ma Iv si è sempre astenuta, la Lega ha votato contro la maggioranza in più occasioni, i 5 Stelle si sono sfilati sulla separazione delle carriere e nel centrodestra mancava la metà dei gruppi
Duecentotrentasette votazioni, 189 emendamenti respinti, solo sei approvati perché proposti dai relatori: l’aula della camera dei deputati ha liquidato in poche ore tra la mattina e il pomeriggio di ieri la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario che tanto ha fatto tribolare la maggioranza per oltre un anno in commissione giustizia. Anche gli emendamenti approvati sono poca cosa: tre poco più che correzioni formali. Un emendamento segna il ritorno al sistema elettorale per i togati del Csm proposto in origine dalla ministra Cartabia, poi abbandonato in favore del sorteggio dei collegi preteso dalla Lega e infine recuperato quando la Lega si è resa conto che avrebbe funzionato malissimo. Il quinto emendamento rafforza la previsione della parità di genere – prevista per le candidature di magistrate e magistrati – anche nella candidature dei dieci laici che dovranno eleggere le camere. Parità «in entrata» perché nulla assicura che non si finisca comunque con uno squilibrio nei generi nei consiglieri effettivamente eletti.
L’aula ha sospeso i lavori ieri pomeriggio con un’ora di anticipo rispetto all’intesa tra i gruppi, ma ha deciso comunque di rinviare a martedì prossimo (pomeriggio) il voto degli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento. Probabile che i gruppi, anche di maggioranza, vorranno sfogare la frustrazione per una riforma che nessuno condivide fino in fondo negli ordini del giorno. Italia viva si è sempre astenuta sui 43 articoli della legge, la Lega ha votato contro il governo su tre emendamenti che ha voluto conservare perché richiamavano i referendum giustizia che si terranno il 12 giugno, il Movimento 5 Stelle si è astenuto sull’articolo 12 che irrigidisce la separazione delle funzioni tra giudice e pm. Ma lo scarsissimo entusiasmo del centrodestra è testimoniato anche dai numeri: oltre la metà dei gruppi di Forza Italia e Lega ha disertato i lavori.
Prevedibile dunque il gioco delle dichiarazioni a fine giornata. Se per il presidente 5 Stelle della commissione giustizia Perantoni «è stato fermato il partito degli anti giudici», per la deputata Siracusano di Forza Italia «in pochi anni siamo passati dal giustizialismo più becero della Spazzacorrotti dell’ex ministro 5 Stelle Bonafede allo stop alle porte girevoli dei magistrati». «Per il vero cambiamento – chiude la responsabile giustizia della Lega Bongiorno – occorrerà votare i referendum»
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