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Crescono del 30% le patologie psichiche ma i fondi non ci sono e i medici si dimettono

Crescono del 30% le patologie psichiche ma i fondi non ci sono e i medici si dimettonoBoom di diagnosi di depressione – Ansa

Dieci Società scientifiche chiedono al governo la creazione di un’Agenzia nazionale per la Salute mentale L’Europa fissa al 10% la soglia minima di spesa nel settore, l’Italia si era posta il traguardo più modesto del 5% ma nel 2018 eravamo al 3,5% e siamo scesi nel 2020 al 2,7%

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 25 maggio 2022

Le diagnosi di patologie psichiche, come la depressione, dopo due anni di Covid sono aumentate del 30%, soprattutto tra giovani e studenti. Fondi, strutture e personale, invece, hanno subito una flessione, i dipartimenti sono calati da 183 a 141. I servizi di salute mentale da almeno dieci anni subiscono un progressivo depauperamento di pari passo al definanziamento dell’intera sanità pubblica. Venti anni fa è stato fissato il parametro del 5% dell’intera spesa per il Ssn da destinare alla salute mentale, nel 2018 eravamo al di sotto del 3,5%, nel 2020 a 2,75%. In Ue l’obiettivo fissato è il 10%. Con la scarsità di investimenti va di pari passo la fuga del personale. Il sindacato Anaao Assomed stima che nel 2025 mancheranno altri mille psichiatri tra pensionamenti e dimissioni. «Non si vede, tra le risorse del Pnrr appostate sulla Misura 6, un solo euro destinato alla Salute mentale» è la denuncia della Società italiana di Neuropsicofarmacologia.

Dieci società scientifiche chiedono la creazione di un’Agenzia nazionale per la Salute mentale: «Questo può consentire di ripartire da zero – spiegano Matteo Balestrieri e Claudio Mencacci, presidenti Sinpf – cioè dal censimento del settore (oggi fermo al 2015) per capire i numeri reali dei fenomeni e riorganizzare i servizi, calcolare le reali necessità di finanziamento, studiare l’allocazione delle risorse in modo omogeneo sul territorio per fare della salute mentale un diritto esigibile in tutto il paese, senza diseguaglianze. Servono il rafforzamento dei servizi, il reclutamento di professionisti e la loro appropriata formazione».

La riforma della Sanità territoriale, il dm 71, include anche questo tipo di funzioni. Ad esempio nelle case di comunità sono previsti «servizi per la salute mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza» ma la loro presenza è solo «raccomandata». Lo stesso Consiglio di Stato, nel suo parere sulla riforma, ha sottolineato: «La Sezione non può però non osservare che l’allegato contiene una serie di indicazioni aventi carattere eterogeneo, avendo alcune natura squisitamente prescrittiva, altre funzione evidentemente descrittiva, altre ancora risolvendosi in auspici per l’assetto futuro».

Fabrizio Starace, presidente della Società italiana epidemiologia psichiatrica: «Purtroppo le misure sinora adottate non sono in grado di recuperare l’impoverimento di mezzi e personale che i servizi hanno subìto per anni. Occorre uno ‘straordinario’ investimento ordinario, che riporti allo standard minimo del 5% la spesa per la salute mentale. Nel Pnrr non ci sembra di individuare capitoli specifici destinati alla salute mentale. Va, inoltre, immediatamente colmata l’assenza nel dm 71 di chiare indicazioni su standard organizzativi e di personale che consentano l’accesso a cure di qualità indipendentemente dalla regione di residenza». Massimo di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria: «Questo impoverimento dei servizi pubblici fa sì che si riducano le capacità di intervento, mettendo in difficoltà le attività di prevenzione. In particolare il riconoscimento precoce del problema negli studenti».

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