Le ricchezze dei miliardari sono cresciute più in 24 mesi di Covid-19 che nei 23 anni precedenti. Ogni 30 ore nasce un nuovo miliardario mentre un milione di persone cadono in povertà. I 10 uomini più ricchi al mondo hanno più del 40% meno abbiente. La top 20 ha beni superiori al Pil dell’Africa sub-sahariana. Dal 2019 la ricchezza di Elon Musk, il vertice della piramide, è cresciuta del 699%. Oggi nel club dei miliardari siedono in 2.668: aumentati del 27,3% dall’arrivo del coronavirus che ha sconvolto il mondo (+573). Nel frattempo la crescita generale dei prezzi, soprattutto di energia e beni di prima necessità, ha fatto diventare poveri 263 milioni di individui. Per i super ricchi il Covid-19 è stata una manna dal cielo, uno dei «periodi migliori della storia».

A mettere in fila questi numeri è Oxfam, nello studio «Trarre profitto dalla pandemia». Sarebbe facile gridare al complotto, ma non ci sono macchinazioni oscure: è semplicemente l’economia capitalista. Una tendenza di lungo corso all’accentramento di ricchezze private a cui il pubblico non oppone resistenza, anzi. Nel 2000 i miliardari possedevano il 4,4% del Pil globale, adesso sono arrivati al 13,9%.

Gli affari migliori si concentrano in settori specifici. Quello del cibo, segnato da «dinastie» come la Cargill. La multinazionale statunitense, di proprietà dell’omonima famiglia piazzata all’undicesimo posto tra le più ricche del globo, ha guadagnato dal 2020 circa 20 milioni di dollari ogni giorno grazie all’aumento dei prezzi. Nel campo energetico «i margini di profitto sono raddoppiati durante la pandemia» e i prezzi hanno registrato la crescita più alta dal 1973. C’è poi il comparto farmaceutico dove le sovvenzioni statali hanno limitato il rischio d’impresa e moltiplicato gli utili di Moderna e Pfizer, senza pretendere in cambio neanche i brevetti. Per quanto riguarda le nuove tecnologie le cinque compagnie principali – Apple, Microsoft, Tesla, Amazon e Alphabet – hanno quasi raddoppiato gli utili tra il 2019 e il 2021, per un totale di 271 miliardi. Amazon ha fatto meglio di tutte triplicandoli: «ha usato il suo enorme potere di mercato per diventare il negozio di ogni cosa», scrive Oxfam.

Per rimediare a questa situazione esistono possibilità concrete. Seguono percorsi diversi ma hanno tutte lo stesso nome: tasse, tasse, tasse. Non flat, come predica qualcuno, ma «altamente progressive». Tre le ipotesi avanzate dalla Ong. Tassare gli extra-profitti. L’Italia ha recentemente votato una misura in questo senso: il 25% sui super profitti delle compagnie energetiche (facendo arrabbiare Confindustria). Dopo la seconda guerra mondiale la Francia tassò le impennate di ricchezza al 100%. Oxfam propone il 90% sugli utili extra. La seconda strada è il prelievo una tantum dai patrimoni più grandi. Ma la più importante è la terza: una tassa strutturale sui paperoni. L’ipotesi dell’Ong è il 2% delle ricchezze personali superiori ai 5 milioni di dollari, il 3% per chi ne ha più di 50 e il 5% per chi possiede oltre un miliardo.

Briciole, per simili patrimoni. Ma non per il resto del mondo che potrebbe raccogliere 2,52 trilioni di dollari per limitare le disuguaglianze. Un trilione sono mille miliardi: il 99% della popolazione avrebbe difficoltà persino a immaginarne gli zeri.