Costruire luoghi di protezione: dallo schermo alla realtà
We Want Sex Film che aprono spazi: questo serve, spazi che dove costruire progetti partecipativi e luoghi dove proteggere dalla violenza di genere, e spazi digitali dove combattere tutti i razzismi
We Want Sex Film che aprono spazi: questo serve, spazi che dove costruire progetti partecipativi e luoghi dove proteggere dalla violenza di genere, e spazi digitali dove combattere tutti i razzismi
Oltre al bel film della Cortellesi mi ha molto colpito su questo tema della violenza sulle donne «La Sposa Bambina» basato su una storia vera, raccontata nel libro, scritto a due mani, da Nojoud Ali e dalla giornalista Delphine Minoui, dal titolo: «Mi chiamo Nojoom, ho 10 anni e voglio il divorzio». Il film è doppiamente autobiografico. Khadija Al Salami, regista e produttrice yemenita, istruita in Francia e Stati Uniti, al suo primo lungometraggio di finzione, sceglie di raccontare la storia di Nojoom, ripercorre anche la propria esistenza personale di sposa bambina. In Yemen non c’è alcuna restrizione di età per quanto riguarda i matrimoni combinati. Nojoom, una ragazzina di soli dieci anni, ha il coraggio di chiedere il divorzio da un marito molto più grande di lei. Dovrebbero vietare i matrimoni ai bambini, i diritti umani delle donne bambine non sono tutelati.
In «Un giorno perfetto» di Ferzan Ozpetek invece per esempio Emma e Antonio sono sposati hanno due figli e sono separati da circa un anno. Antonio fa l’autista dell’onorevole Fioravanti e non ha elaborato la separazione. Lui ama Emma, la rivuole, fa di tutto per farglielo capire. A poco a poco, Antonio si fa più presente, pressante, arriva a diventare violento e ossessivo. Emma è sua, non può sopportare l’idea che possa vivere senza di lui; e l’uomo mite, padre amorevole, si fa violento, sempre di più. Un giorno la polizia viene chiamata dalla vicina di casa di Emma che ha sentito degli spari. Ozpetek narra una tragica storia di uomini che per voglia di possesso fanno di tutto per riprendersi ciò che credono di loro proprietà. Il corpo delle donne è di proprietà degli uomini.
Tonya porta sullo schermo la vita della pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding, interpretata da una bravissima Margot Robbie. Il film, di Craig Gillespie, si concentra in particolare sulla costruzione di questo personaggio, una donna che non rientra nello schema della tipica americana standardizzata, tutta latte e cornflakes, ma si presenta come una che non ha possibilità economica, non riveste i panni della «reginetta» di bellezza ma è una figlia vessata e umiliata da una società che non la vuole. Lei subisce dalla madre autoritaria e sadica, dal fidanzato violento, la sua non è una bella vita, vive un bisogno estremo di rivalsa, di successo, per questo compie un gesto deprecabile. Il femminismo ora non è solo la parità di genere. È una prospettiva che guarda ai divari di genere, costruisce osservatori e immaginario, mette i dati al servizio delle persone, think tank intergenerazionali e reti tessute per affermare le competenze femminili o le tante nuove forme d’amore e rispetto. Mancano i luoghi dove costruire progetti partecipativi e luoghi dove proteggere dalla violenza di genere, spazi digitali dove combattere tutti i razzismi. Dobbiamo inventare luoghi fisici e non, istituzionali e di frontiera, storici o sbocciati, per capire da vicino come far evolvere la nostra galassia femminista.
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