Cortei, blocchi e azioni contro il «Ddl Ungheria»: «Fermiamo il governo»
Movimenti Adesioni da tutt’Italia alla giornata di mobilitazioni territoriali La campagna intreccia vertenze e lotte. Verso il corteo nazionale
Movimenti Adesioni da tutt’Italia alla giornata di mobilitazioni territoriali La campagna intreccia vertenze e lotte. Verso il corteo nazionale
La giornata No Ddl Sicurezza è cominciata con un bel blocco stradale, una di quelle proteste che il provvedimento vorrebbe reprimere con forza. I manifestanti si sono ritrovati a Roma, sull’arteria di via Cristoforo Colombo. Poi hanno raggiunto il ministero dell’ambiente e hanno lanciato sulla facciata della vernice lavabile (altro reato gravissimo per i tutori dell’ordine al governo). «Attiviste e attiviste, alcuni con maschere animali, hanno dato un primo segnale di opposizione al ‘decreto Ungheria’ – hanno spiegato dal megafono – altre azioni seguiranno a Roma e nel paese fino a che non verrà fermato il disegno di legge».
NEL FRATTEMPO l’Anpi nazionale, che ha aderito alla giornata di mobilitazioni diffuse, divulgava il proprio appello contro il Ddl 1660, attualmente in discussione in senato. «Occorre impedire che sia approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza, che è contrario allo spirito, e in alcuni punti anche alla lettera, della nostra Costituzione antifascista – dicono dall’Anpi – Lanciamo un appello all’avvocatura, ai giuristi, agli operatori del diritto e della sicurezza, a tutte le forze politiche, a quelle dell’opposizione, ma anche a quelle della maggioranza che dicono di ispirarsi ai principi della democrazia liberale, affinché tale legge sia respinta». Sempre in mattinata, altra protesta e altra fattispecie aggravante secondo le norme proposte dalla destra: veniva occupata simbolicamente la Casa del passeggero, storica struttura a due passi dalla stazione Termini. «Il tuo b’n’b, il nostro sfratto. E se protestiamo andiamo in carcere», c’era scritto nello striscione esposto dal Social forum dell’abitare. Che denuncia: «Questo posto sta per essere venduto per realizzare appartamenti o case vacanze di lusso per turisti che se lo potranno permettere». Il Ddl minaccia un giro di vite anche contro chi cerca di opporsi alle grandi opere, ed ecco che qualche ora dopo ad Albano, nei Castelli romani, scendevano in strada i comitati che si battono contro l’inceneritore.
NEL POMERIGGIO a Milano e Bologna centinaia di persone hanno partecipato a cortei. Nel capoluogo lombardo lo striscione rilanciava uno degli slogan della campagna: «Se voi fate il fascismo noi facciamo la Resistenza». I manifestanti, diretti in zona Bicocca, sono partiti da piazza Belloveso: «Milano è la città di chi lavora e studia, degli immigrati, di chi ha stipendi da fame rispetto ad affitti abnormi – hanno spiegato – Ma chi la vive è sotto attacco, sono sotto attacco gli spazi sociali e chi pratica autogestione». Sotto le due torri l’apertura del corteo portava la scritta: «A pieno regime. No al Ddl sicurezza». Azioni e volantinaggi anche a Salerno, Reggio Emilia, Parma e Verona. A nord-est si lavora a un corteo regionale per il prossimo 26 ottobre, ma già sabato prossimo a Roma è prevista una manifestazione nazionale cui sta lavorando la Rete liberi di lottare, composta dai movimenti per il diritto all’abitare a sindacalismo di base. L’impressione è che di fronte all’allarme ci sia un processo di ricomposizione in nome del fronte comune del No al Ddl.
SI MUOVONO anche i partiti. Un gruppo di attivisti radicali dell’associazione Adelaide Aglietta ha dato vita a un sit-in in via Garibaldi, nel centro storico di Torino. «Il primo fuorilegge è lo stato che ha stipato 62 mila detenuti dove potrebbero starcene meno di 50 mila – hanno dichiarato – Uno stato che viola i diritti dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria oggi vuole inserire un nuovo reato per chi attua la resistenza passiva in carcere». Infine, la segretaria del Pd Elly Schlein ha ribadito l’impegno a contrastare il Ddl «che contiene norme che vanno oltre il codice Rocco. Sono norme sbagliate, securitarie e che restringono gli spazi di dissenso».
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