Aryeh Deri, leader del partito religioso Shas, non può essere ministro dell’interno e della sanità in quanto condannato per gravi reati fiscali e perché è libero grazie a una pena sospesa in seguito a un patteggiamento. A proclamarlo è stata ieri Esther Hayut a nome di 10 degli 11 giudici della Corte suprema di cui è presidente. «Questa persona (Deri) è stata condannata tre volte per reati nel corso della sua vita, e ha violato il suo dovere di servire il pubblico lealmente», ha spiegato la giudice scagliando una bomba sulla stabilità del governo di estrema destra religiosa guidato da Benyamin Netanyahu. Proprio nei confronti del premier Hayut ha rincarato la dose. Il primo ministro, ha sottolineato la giudice, non aveva il diritto di ignorare «l’accumulo di gravi reati». Avere Deri a capo di due dei ministeri più importanti del governo – ha aggiunto – «danneggia l’immagine e la reputazione del sistema giudiziario del paese e contraddice principi di condotta etica e di legalità».

La decisione della Corte Suprema dovrà essere ora accettata o meno da Netanyahu. Deri secondo la legge non avrebbe potuto essere nominato ministro ma a dicembre la Knesset dominata dalla destra l’ha modificata per legittimare la nomina del leader dello Shas. Deri è uno dei pilastri della maggioranza e tra gli alleati più fedeli di Netanyahu, di cui il premier non vuole e non può fare a meno. La sua conferma nel governo per Netanyahu vuol dire tenere in vita la coalizione e inviare un chiaro segnale al paese riguardo la sua personale vicenda giudiziaria. Netanyahu è sotto processo per corruzione e non sembra intenzionato a farsi da parte se sarà condannato. Sostiene infatti di aver la maggioranza del paese dalla sua parte come, a suo dire, dimostrerebbe la vittoria elettorale dello scorso novembre. In ogni caso lo Shas gli ha mandato degli avvertimenti inequivocabili. Il ministro del welfare, Yaakov Margi, prima della sentenza aveva detto che Netanyahu «sa bene che non ci sarà alcun governo» senza Aryeh Deri nelle sue cariche ministeriali. Ieri sera il premier si è precipitato a casa di Deri per trovare una via d’uscita mentre nelle strade di Gerusalemme migliaia di sostenitori dello Shas, che rappresenta i religiosi ultraortodossi sefarditi, manifestavano a sostegno del loro leader e contro i giudici.

Non accettare la sentenza della Corte tuttavia darebbe all’opposizione, rappresentata dall’ex premier Yair Lapid e dall’ex ministro della difesa Benny Gantz, ulteriori munizioni da sparare contro il governo che considera un pericolo per la democrazia e i diritti civili. Lapid ieri sera si è unito ai manifestanti riuniti a Tel Aviv contro il governo, il secondo raduno di massa dopo quello con 80mila persone di sabato scorso in piazza Habima. «Stiamo fermando la follia, stiamo salvando il paese», ha detto l’ex primo ministro. Si aggrava anche lo scontro in atto tra giudici ed esecutivo, con Netanyahu e il ministro della giustizia Yariv Levin che intendono limitare i poteri della Corte suprema e avviare una profonda riforma del sistema giudiziario. Il progetto di Levin, che genera sdegno in molti israeliani, non solo dell’opposizione, prevede che la Knesset possa annullare una sentenza dei massimi giudici con una semplice maggioranza di 61 membri su 120. Levin vuole anche che i giudici della Corte siano nominati o rimossi da una commissione composta in modo diverso da quella attuale, con una maggioranza di parlamentari e una minoranza di giudici e di professionisti del settore.