Cop27 senza accordo, trattative a oltranza sul pacchetto europeo
Clima La Commissione Ue cambia idea e accetta il Fondo per i disastri climatici chiesto dal blocco G77+Cina. Ma pone condizioni
Clima La Commissione Ue cambia idea e accetta il Fondo per i disastri climatici chiesto dal blocco G77+Cina. Ma pone condizioni
Troppi i nodi nel tappeto della Cop27: la presidenza egiziana ha annunciato che i negoziati continuano anche oggi.
Nella partita a scacchi anche notturna e antelucana in corso a Sharm el Sheikh, il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans ha fatto una mossa a sorpresa: «Non eravamo convinti dell’utilità di un Fondo ad hoc per le perdite e i danni causati da eventi climatici nei paesi più vulnerabili, ma siccome i G77 sono affezionati all’idea, li abbiamo ascoltati».
MOLTE LE QUESTIONI aperte sui vincoli del fondo, sul chi, come, per chi, quanto. Infatti la proposta europea, oltre a circoscrivere i destinatari ai «paesi più vulnerabili», impone «precise condizioni», proponendo quello che chiama un «accordo pacchetto». Chiede in cambio maggiori ambizioni da parte di tutti nel taglio delle emissioni e pretende una base di donatori ben più ampia rispetto al blocco occidentale. Per individuarli «ci si deve riferire alla situazione economica dei paesi nel 2022, non nel 1992 come proponevano i G77».
La storica rete di attivisti Third World Network, con Meena Raman, aveva colto il punto: «La scala dei disastri è così enorme che i paesi sviluppati ne temono le implicazioni finanziarie». La proposta dell’Ue aveva anche lo scopo di rompere l’asse negoziale G77 e Cina, mettendo nell’angolo quest’ultima, che sarebbe vincolata sia a target nelle emissioni nazionali sia a esborsi finanziari per il loss and damage. Il paese, pur essendo ormai al primo posto al mondo quanto a emissioni totali (non certo a quelle pro capite; e poi è anche la fabbrica del mondo), nella Convenzione quadro Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc) del 1992 era classificato fra quelli in via di sviluppo, dunque finora aveva evitato l’obbligo di contribuire alla finanza climatica per i più poveri. Un negoziatore cinese ha ribadito: «Anche noi siamo un paese in via di sviluppo e subiamo enormi danni climatici».
SULLA PROPOSTA UE FINO a ieri sera tacevano gli Usa, che dovrebbero contribuire più di tutti. Non ancora del tutto fiduciosi sui dettagli i G77 (in realtà oltre cento paesi). Netta la segretaria generale della Comunità dei Caraibi, Carla Barnett: «Divisioni e tattiche delatorie non sono ammissibili». Secondo l’Italian Climate Network, partner del movimento globale 350.org, sulla proposta Ue c’è convergenza fra la maggior parte dei paesi; il Fondo si farà.
PER CHIAREZZA TERMINOLOGICA: con «perdite e danni», loss and damage, ci si riferisce agli impatti più gravi della crisi climatica, già subiti e spesso in modo irreversibile da centinaia di milioni di persone. Il Fondo loss and damage dunque andrebbe ad aggiungersi ad altri meccanismi per il sostegno alla mitigazione e all’adattamento, in omaggio al principio di giustizia («responsabilità comune ma differenziata») introdotto dalla Unfccc. In ogni caso, si continuerà a non parlare di risarcimento danni (gli stessi paesi del Sud temono un effetto divisivo), ma piuttosto di aiuto estero, dono, sostegno. Con tutti i possibili doppi conteggi del caso.
QUANTO AI TARGET per le emissioni, nella seconda bozza del documento finale si riafferma l’obiettivo di Parigi («contenere l’aumento della temperatura terrestre ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e sforzarsi di limitarlo a 1.5°»). In bianco i paragrafi dedicati all’aggiornamento degli obiettivi di finanza climatica dopo il 2025 (allora dovrebbe scadere il fondo quinquennale di aiuti da 100 miliardi all’anno, previsto nel 2009; ma i contributi sono stati molto inferiori). Si ribadisce l’insufficienza degli impegni di decarbonizzazione (Ndc) dei paesi, con l’invito ad aumentarli. E si conferma la necessità di spendere almeno 4.000 miliardi all’anno in rinnovabili e 4-6000 miliardi all’anno in green economy.
SULLA PRODUZIONE di elettricità dal carbone, la bozza dice addirittura due cose diverse: al paragrafo 15 incoraggia la riduzione della produzione con emissioni non abbattute (phase down), al paragrafo 28 auspica che venga eliminata (phase out, come faticosamente previsto nel pano di Glasgow).
In entrambi i paragrafi viene incoraggiata l’eliminazione dei «sussidi inefficienti» alle fonti fossili.
DEL RESTO L’ABBANDONO dei combustili fossili non sarà per questa Cop. L’Arabia saudita, ad esempio, ha messo in chiaro che si deve parlare di emissioni, non di fonti di energia. Così, Greenpeace e diversi attivisti climatici dei paesi arabi hanno ieri sottolineato che i governi della regione ostacolano i negoziati, sono contrari al limite 1,5°C e a menzionare i combustibili fossili. Eppure l’area, drammaticamente povera di acqua, è quella che si sta riscaldando di più.
VANUATU E TUVALU hanno chiesto un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. E la rete War on Want, con il video From crisis to justice, chiede zero emissioni vere nei paesi ricchi entro il 2l 2030, e non zero nette grazie al commercio del carbonio.
Intanto via libera alle alle emissioni per i mondiali di calcio in Qatar e nessuna rinuncia al Black Friday.
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