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Contro Trump anche le scuole. Bernie Sanders: «Riformiamo il partito»

Contro Trump anche le scuole. Bernie Sanders: «Riformiamo il partito»

Proteste e democratici La giornata del presidente eletto Donald Trump è cominciata su Twitter, cui ha affidato il suo commento sul dato secondo il quale non ha vinto nel voto popolare andato ad […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 16 novembre 2016

La giornata del presidente eletto Donald Trump è cominciata su Twitter, cui ha affidato il suo commento sul dato secondo il quale non ha vinto nel voto popolare andato ad Hillary Clinton: «Se questa elezione fosse stata basata sul vuoto popolare, avrei fatto campagna elettorale a New York in Florida e in California ed avrei vinto anche più alla grande e facilmente» ha twittato. Messaggio registrato immediatamente dalla stampa che – a cominciare da Mashable – ha sottolineato come non ci sia stato un passaggio di atteggiamento e tono da parte del tycoon, da candidato a presidente.

QUESTE DICHIARAZIONI arrivano mentre le strade americane non accennano a sgombrarsi dalle proteste; martedì mattina in molte scuole superiori ed università degli Stati uniti, tra cui Washington, Los Angeles e New York, alle 10 del mattino gli studenti hanno abbandonato le classi per riunirsi e far sentire la propria voce, terminando i cortei davanti alle proprietà di Trump sparse per tutto il Paese. «Penso che ormai il messaggio sia chiaro – dice Trisha, 21 anni studentessa del Cuny, l’Università pubblica di New York – non lasceremo che Trump applichi i suoi programmi criminali e razzisti. In tv ha minimizzato la nostra opposizione perché non lo conosciamo e quando lo conosceremo meglio smetteremo di contestarlo. Invece è l’opposto, più lo conosceremo più ci opporremo». L’elezione di Trump non ha portato solo un’ondata di proteste come non se ne vedevano da anni, negli Stati uniti, ma anche molte segnalazioni di crimini d’odio, di messaggi razzisti e xenofobi.

SUI SOCIAL MEDIA sono stati segnalati innumerevoli messaggi carichi di odio contro musulmani, afroamericani ebrei, omosessuali, ispanici; è inoltre cresciuto il numero delle denunce da parte di vittime che si sono rivolte alle autorità locali, raccontando di essere state oggetto di attacchi razzisti da parte di individui che hanno inneggiato a Trump e alla sua vittoria.

MA A CRESCERE è anche il volume delle donazioni nei confronti di associazioni non governative che si occupano della difesa dei diritti civili o del diritto all’aborto, come i consultori del Planet Parenthood o la American Civil Liberties Union che in soli cinque giorni, ha visto aumentare i suoi seguaci su Facebook del 25 per cento, quasi un milione di persone, ed hanno ricevuto circa 120.000 donazioni, per un totale di più di 7,2 milioni di dollari. Sul fronte della politica al Mandarin Oriental hotel di Washington continua l’incontro a porte chiuse della Democracy Alliance, l’associazione di miliardari democratici, tra cui Soros, che stanno cercando di rimettere in asse la propria strategia politica.
Susan Sandler, una dei maggiore sostenitori dei democratici, ha esortando i suoi colleghi nel Da a cambiare registro e sostenere la leadership nera più di sinistra. Sandler ha invitato i colleghi a «modificare la composizione e il carattere di chi corre» per i principali uffici del paese «in modo che i democratici siano nuovamente in grado di raggiungere l’elettorato nero e i progressisti bianchi che hanno eletto Barack Obama due volte».

PER BERNIE SANDERS, invece, non è una questione di colore ma di struttura stessa del partito. All’annuncio del suo nuovo libro, «La nostra rivoluzione», che è anche il modo in cui ha ribattezzato, dopo la fine delle primarie, il movimento che lo segue, per ribadire, ancora una volta, che il suo piano non si ferma a questa tornata elettorale, Sanders ha lanciato il suo messaggio: «Quel che capisco da questo voto e che c’è un sacco di gente in questo paese, compresi molti militanti democratici, che non hanno apprezzato e non apprezzano il tipo di sofferenza e di pena che colpiscono milioni di lavoratori in tutti gli Stati uniti. Penso che tanti che hanno votato per Obama nel 2008 e nel 2012 e che stimano l’attuale presidente hanno cambiato idea. Hanno detto: “Lo sapete che c’è? Il mio voto va a Trump perché lui ha ben chiare quali siano le sofferenze delle nostre famiglie”. Il nostro lavoro adesso è quello di riformare in modo fondamentale il partito democratico, con il lavoro di tutti a cominciare dai giovani che sono i più disillusi da quanto accaduto». Al Late Show di Stephen Colbert, il senatore è stato ancora più chiaro: «Come si sono perse le elezioni? C’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato. Quello che sto cercando di fare in questo momento è portare cambiamenti strutturali all’interno del partito in modo che diventi una vera organizzazione di base».

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