Un pozzo di metano inquadrato da una camera termica, foto Ap
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Contro il metano di guerra

Un pozzo di metano inquadrato da una camera termica – Ap

Analisi Anche le sinistre, italiane incluse, non riescono a prevedere gli esiti disastrosi di alcuni aspetti della politica energetica che ci riguardano da vicino. Come puntare sui rigassificatori: i casi Piombino e Ravenna

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 2 marzo 2023

Sembra che le sinistre europee – quelle italiane incluse – fatichino a riannodare attorno alla centralità del lavoro un legame con le tre grandi emergenze globali – climatica, nucleare, sociale – che vanno affrontate con un unico sguardo d’insieme, a meno che si dia per scontato – come implicitamente ritengono le destre – che non ci sia posto per tutti su questo Pianeta.

Così l’escalation delle guerre in corso, il ricorso alla pura sostituzione del gas russo con nuovi giacimenti ancora più costosi e inquinanti, la pratica del sequestro della CO2, la mobilitazione di navi gasiere attraverso gli oceani e l’allestimento di rigassificatori agli attracchi prefigurano un precipitare irrimediabile della situazione anche per quanto riguarda il rapporto tra ambiente e lavoro. È la stessa Unione Europea, ora confusa con il «campo occidentale» sotto la tutela degli Stati Uniti, che non mantiene più il ruolo di avanguardia sul terreno della transizione energetica.
Anche lo spostamento d’asse verso i Paesi dell’Est Europa viene a consolidare l’opzione che le destre italiane e l’Eni privilegiano a favore del metano come fonte di «neutralità tecnologica» per un futuro prossimo indefinito.

Meloni e Descalzi dialogano con i Paesi più intransigentemente cobelligeranti e meno disposti alla penetrazione delle rinnovabili, propugnatori defilati del ridimensionamento degli obbiettivi ambiziosi di Fit for 55.

IN QUESTA FASE STORICA di sconvolgenti cambiamenti, dare indicazioni e fare politica significa soprattutto saper prevedere. Corrisponde cioè a trasformare lo spazio intorno a noi in tempo oltre il presente. Ma ciò richiede un’analisi accurata della società in cui ci si relaziona e, inoltre, una maggiore cura delle dinamiche della biosfera, che da tempo ha mostrato la propria autonomia dai capricci di una crescita senza limiti. Ecologia integrale, giustizia sociale e pace sono coordinate da coniugare al futuro, impugnando le politiche che l’ideologia delle destre punta ad affermare con una propria inquietante interpretazione.

QUI PROVO A DARE CONTO DI QUESTA SFIDA, esaminando in dettaglio alcuni aspetti della politica energetica che ci riguardano da vicino, ma non ci vedono ancora sufficientemente allarmati. Comincio dalle emissioni di metano (un gas-serra molto più potente della CO2 durante la sua permanenza in atmosfera, circa 85 volte più potente su un arco di 20 anni) registrate nel 2022. Esse continuano a essere elevate, appena sotto al picco registrato nel 2019 e in lieve crescita rispetto al 2021, con 135 milioni di tonnellate complessivamente rilasciate in atmosfera lo scorso anno dalle industrie oil&gas. Eppure, la Tassonomia Europea ha spuntato per il gas naturale posizioni di favore al pari delle fonti rinnovabili. Così è sorta una rincorsa al gas liquido: 60 miliardi dai Pnrr per nuovi progetti per il combustibile fossile. L’Ue sta per finanziare 41 nuovi progetti di gas liquido e gasdotti, con contratti che ci incastreranno per i prossimi 15-20 anni.

INTANTO, SEYMOUR HERSH (GIORNALISTA d’inchiesta premio Pulitzer) ha riferito che i gasdotti di North Stream sono stati fatti saltare in aria dagli Stati Uniti, con l’aiuto della Norvegia, facendo salire in atmosfera ben mezzo milione di tonnellate di metano. E quali sono i Paesi che hanno sostituito la Russia come due maggiori fornitori di gas naturale in Europa? Gli stessi del sabotaggio. Occorre notare che il gas di fracking proveniente dagli Stati Uniti, giunge in Europa a circa quattro volte i prezzi pagati dai clienti statunitensi e con una dispersione di CH 4 difficilmente contenibile, in seguito al ciclo cui è sottoposto: liquefazione (-161°C), trasporto attraverso l’Atlantico in grandi serbatoi sotto pressione, successiva rigassificazione ed aggancio finale ai tubi dei gasdotti locali.

IN TALE CONTESTO ESPANSIVO e collegato alle guerre in corso, nel 2022 Exxon Mobil ha guadagnato $ 56 miliardi, un record di tutti i tempi, mentre Shell ha guadagnato $ 40 miliardi, Chevron e Total $ 36 miliardi ciascuno, BP "solo" $ 28 miliardi, chiudendo le sue operazioni in Russia, ma comunque raddoppiando i profitti del 2021.

DECISAMENTE ROBUSTA E’ STATA la crescita dei ricavi di Eni a 140,5 miliardi di euro: ben il 64% in più rispetto al 2021 con un aumento dovuto al contesto dei prezzi, ma anche ai maggiori volumi di energia e alle quantità crescenti vendute soprattutto in Italia e Spagna. L’effetto del nuovo sistema di movimentazione del gas allo stato liquido (GNL), anziché gassoso, porterà ad un protrarsi del ricorso al metano ben oltre i termini fissati dalla Ue. L’Italia è interessata da un significativo numero di progetti per la realizzazione di impianti di rigassificazione del GNL, solitamente proposti nella configurazione a circuito aperto, che prevede l’utilizzo dell’acqua di mare per il riscaldamento del gas liquefatto, con l’effetto cumulativo del raffreddamento della stessa acqua, della perdita dei servizi ecosistemici espletati dall’habitat marino, della distruzione di plancton e larve, della selezione operata a favore di specie batteriche resistenti al trattamento con cloro, del rilascio di sostanze tossiche, ivi compreso il cloro libero residuo.

A PRESCINDERE DA ALTRI ASPETTI LEGATI alla sicurezza, alla salute di popolazione e dei lavoratori, di tutela del paesaggio che la realizzazione di questi impianti potrebbe comportare, al fine di preservare gli habitat marini andrebbero precauzionalmente adottati – secondo il Wwf – schemi di funzionamento diversi da quelli a circuito aperto in tutti i mari italiani. Ma non sono tali i progetti del governo italiano.

GLI ASPETTI NEGATIVI CHE RIGUARDANO la costruzione di un rigassificatore sono legati soprattutto ai rischi potenziali dell’impianto stesso, in quanto atto a lavorare grosse quantità di metano altamente infiammabile: per questa ragione sono sottoposti alle direttive Seveso, ossia di impianti a rischio di incidente rilevante come per le raffinerie di petrolio. L’energia sviluppata in caso di esplosione dipende dalla portata dell’impianto, ed è legata al lavoro di espansione del gas; nel caso di combustione del metano contenuto in una metaniera o un rigassificatore, i fronti di fiamma di un incidente potrebbero estendersi per chilometri.

A SEGUITO DI TUTTE QUESTE considerazioni, è del tutto legittima ed ha un carattere generale e non locale l’opposizione al proliferare di impianti che moltiplicano gli impegni a favore del fossile, in particolare del gas, ben oltre il 2050 (l’anno di zero CO 2 per l’Ue), facendo ricadere i supercosti esclusivamente sul bilancio delle famiglie, con extraprofitti per gli Stati e le multinazionali dell’energia.

E’ DEL GOVERNO DRAGHI LA COMMESSA alla Snam per 2 rigassificatori da posizionare a mare a Piombino e Ravenna, mentre il megalomane governo Meloni ne vorrebbe addirittura 7 e più: con «oltre 5 gasdotti, 7 rigassificatori, 140 miliardi di metri cubi in transito», quando il consumo interno è ridotto a meno di 50 miliardi. Un azzardo – che va sotto il nome di Italia hub del gas – osteggiato da gran parte delle popolazioni riunite in comitati che indiranno manifestazioni a partire dall’11 marzo a Piombino, con tappe successive a Ravenna e Sulmona, intese a rinnovare la partecipazione dal basso in una fase tanto cruciale.

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