Tento alcune considerazioni di ordine politico a fronte dei fatti che si succedono terribili in Ucraina. Vorrei applicare al mio modesto ragionamento quel che si dice ‘buon senso’ al netto delle fuorvianti semplificazioni che sovente il ricorso al buon senso produce. Mi limito a una riflessione circoscritta al nostro paese. L’attuale governo presieduto da Mario Draghi riguardo alla guerra in Ucraina ha allineato l’Italia alle posizioni espresse da Joe Biden, il presidente degli Stati uniti d’America. Con questa sollecita e ferma presa di posizione l’Italia di Draghi ha rinunciato ad esercitare in Europa un ruolo che, nello spirito e nel dettato della costituzione, poteva porre l’Italia tra le nazioni che si adoperano per contrastare l’incremento delle operazioni armate, obiettivo dichiaratamente perseguito dagli Stati Uniti d’America.

Il parlamento italiano non è stato consultato. A fronte di scelte cruciali che hanno per tema una guerra tra paesi europei guerreggiata in Europa, Draghi non ha ritenuto suo dovere ascoltare il parlamento. Nemmeno aprire un dibattito parlamentare che, è da credere, si sarebbe mostrato in larga maggioranza propenso a confortarlo nella sua secca scelta atlantica. Non ha ritenuto di mancare di rispetto ad un parlamento infiacchito da obiezioni, polemiche e pratiche che, da varie convergenti sponde, da decenni ne revocano in dubbio la centralità. Il parlamento, ovvero un qualche lustro cerimoniale di facciata che quel consesso ancora può esibire, lo si è offerto come una solenne platea di teatro ad uno dei contendenti sulla linea del fuoco, accolto a Montecitorio per richiamare l’Italia (il paese che ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali) ad una solidarietà armata prontamente concessa. Il buon senso dice che così Draghi ha fatto dell’Italia un paese a sua volta in guerra, sceso contro il nemico dell’Ucraina a che le armi fornite si impieghino a sconfiggerlo sul campo.

Saggezza e prudenza avrebbero dovuto consigliare Mario Draghi e i ministri del suo governo ad una moderazione intelligente, l’opposto dello zelo bellicista immediatamente assunto. Le virtù dell’accortezza andavano esercitate non solo nel rispetto dei principi che la Costituzione prescrive all’Italia in caso di conflitti internazionali armati, ma, semplicemente, dalle indicazioni, dirò così, che ad un governante responsabile con inoppugnabile evidenza forniscono le condizioni di fatto, economiche e sociali, in cui versa l’Italia attuale. Non dico ora degli antichi e mai curati mali. Privo di studi di economia, sono indotto da un sommario uso del buon senso a considerare che (è noto a tutti i cittadini italiani) la metà delle fonti energetiche che alimentano l’industria del nostro paese è da noi acquistata (da gran tempo e con piena reciproca soddisfazione che io sappia) proprio da uno dei due contendenti che da nove settimane, al culmine di un decennio, quasi, di ostilità, scontri civili incursioni e azioni di guerriglia, si combattono con accresciuta ferocia nell’infelice e martoriata Ucraina. Malgrado le fitte e vitali relazioni economiche e commerciali che l’Italia intrattiene con la Russia, Draghi senza esitazione, da un giorno all’altro dichiara il presidente russo Vladimir Putin nemico. Anzi, per assicurare Biden, fa proprie le sue parole: Putin è un macellaio, un criminale.

È il buon senso che chiede perché Draghi non sia stato indotto alla prudenza, lui, che sa di economia, primo ministro di un paese che geme sotto un la mole di un debito pubblico gigantesco, un paese fragile privo di autonomia energetica ed immediatamente esposto agli andamenti degli equilibri finanziari internazionali. No, precarietà (è dir poco) del bilancio e dipendenza (è dir poco) energetica combinati a due anni di pandemia (debellata?) non hanno ispirato a Draghi una qualche circospezione (l’irrinunciabile ‘calcolare’ proprio della dottrina economica) nell’assumersi le responsabilità (tralascio di proposito le conseguenze sui piani d’ordine politico e diplomatico) che sul piano strettamente economico conseguiranno, alla luce del buon senso, inevitabilmente ai suoi atti.