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Conte si mette in scena. E nasconde il suo M5SS

Conte si mette in scena. E  nasconde il suo M5SSGiuseppe Conte – LaPresse

Amministrative Il nuovo corso dell’ex presidente del consiglio alla prova del voto

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 12 giugno 2022

Dopo un tour di qualche settimana per il paese, e piazze discretamente piene, l’impressione è che Giuseppe Conte abbia deciso di nascondere il suo Movimento 5 Stelle. E che lo abbia fatto alla luce del sole. Più precisamente, il modo in cui in occasione di questa tornata di elezioni amministrative si è mosso l’ex presidente del consiglio ricorda il trucco raccontato da Edgar Allan Poe ne La lettera rubata: per rendere invisibile qualcosa bisogna metterla proprio lì dove normalmente starebbe: proprio lì nessun andrebbe a cercarla. Dunque Conte è stato tutto tranne che invisibile. Si è messo in scena. Ogni giorno impegnato a formulare inviti al voto: allo stesso tempo, però, il M5S spesso non c’è, non si può votare oppure recita un ruolo collaterale.

Basta guardare i numeri: dei 26 comuni capoluogo nei quali oggi si elegge il sindaco le liste dei 5 Stelle non compaiono in 18. In nessuna delle città in cui ha proposto l’alleanza con il Partito democratico il candidato sindaco viene dal M5S. In tutto, la lista pentastellata compare soo in 64 comuni sui 971 al voto (dei quali 142 hanno più di 15 mila abitanti). Da tempo dai vertici contiani dicono che questo passaggio elettorale non deve essere considerato indicativo dello stato di salute dei 5 Stelle e della transizione al nuovo corso. Eppure Conte ha utilizzato questa scadenza per partecipare al dibattito politico. In alcuni passaggi c’è riuscito: è il caso del salario minimo che fino a poco tempo fa gran parte del Pd rifiutava di prendere in considerazione e che ora potrebbe diventare uno dei temi di riferimento del campo largo progressista. La scommessa dell’avvocato è che il gioco funzioni anche sulla guerra. Durante questa campagna elettorale, dalle piazze più che dal Parlamento del quale pure rivendica la centralità, Conte ha prima quasi aperto una crisi sulle armi all’Ucraina e poi chiuso a ogni ipotesi di rottura con la maggioranza che sostiene Draghi. Ma dalla prossima settimana, prima ancora del secondo turno elettorale, ripartirà il conto alla rovescia verso il dibattito parlamentare del 21 giugno e di nuovo. E il leader grillino dovrà destreggiarsi tra la lotta e il governo.

Con ogni probabilità, il prevedibile calo elettorale del M5S sarà occasione per rilanciare il dibattito sul ritorno alla protesta delle origini contro il pragmatismo di questa legislatura che ha visto i 5 Stelle stare dentro ogni maggioranza possibile. Tutto ciò ha molto a che vedere con il voto nelle città: proprio dove il M5S è stato maggioranza e ha amministrato (da Roma e Torino in giù) è stato punito dagli elettori. Conte sa che per recuperare qualche consenso (e per restringere gli spazi di manovra di Luigi Di Maio) deve rafforzare i tratti radicali di un M5S in cerca di identità. Per tenere unita la truppa ha anche assicurato che nei prossimi giorni (durante i quali è peraltro atteso il pronunciamento del tribunale di Napoli sulla legittimità di statuto ed elezione del capo politico) scioglierà le riserve sul doppio mandato e sui nomi dei coordinatori regionali.
Resta la contraddizione ineludibile e per questo inaggirabile: la figura politica di Conte e in fondo anche il suo consenso personale traggono fondamento dal M5S di governo. Agli occhi di molti si tratta dell’ex premier: uomo di governo prestato alla lotta politica partigiana. Non può permettersi di giocare il ruolo dell’outsider. Lui stesso ne è sembrato consapevole: ha scelto, non senza creare malumori tra i suoi, di essere quasi esclusivamente nelle piazze in cui il M5S sostiene un candidato del centrosinistra.

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