«Vinciamo noi», recita il grande striscione retto da alcuni attivisti in fondo a piazza Santi Apostoli, dove il Movimento 5 Stelle celebra la chiusura della sua campagna elettorale. Tutto sta nel comprendere cosa significhi, questa volta, «vincere». Cinque anni fa, nella più ambiziosa e capiente piazza del Popolo, Luigi Di Maio aveva lanciato la missione di arrivare finalmente al governo. Adesso, Giuseppe Conte può rivendicare di aver rilanciato il M5S. Di più: di aver già vinto la battaglia per la sopravvivenza.

CI SONO i parlamentari non più candidabili che si aggirano tra gli attivisti: Conte li chiama quelli del «doppio mandato». In mezzo a loro si intravedono eletti uscenti della sinistra come Loredana de Petris, che ha annunciato il su voto per il M5S, e Stefano Fassina. Ad un certo punto si affaccia pure l’ex Iena Dino Giarrusso, con faccia contrita. Era uno di quelli che avevo annunciato la fine del M5S. «Può succedere che anche i sogni impossibili si avverano, con il coraggio e la determinazione», dice ai suoi un Conte quasi in trance agonistica dopo una campagna elettorale che ha misurato la sua capacità di passare da presidente del consiglio per caso ad avvocato del popolo che ammalia le piazze. «Questo movimento non lavora col favore delle tenebre», recitano le magliette ufficiali. Nelle retrovie si mangia la pizza al tavolo, si svuotano bottiglie. In questi anni è mutata l’antropologia del grillino medio. Prima incontravi le facce tese di chi aveva voglia di attraversare la distanza tra la strada e il palazzo per cogliere l’attimo e arrivare nella stanza dei bottoni. Ora incroci i volti in fondo distesi di chi sa già che il M5S ci sarà anche nella prossima legislatura. «Persone perbene, persone oneste», li definisce Conte.

«I COSIDDETTI ‘eredi della sinistra’ hanno perso la bussola inseguendo la fantomatica Agenda Draghi che altro non è che la difesa dei più forti», dice la senatrice Alessandra Maiorino parlando di diritti e affrontando anche il tema dell’aborto (uno di quelli che fino a qualche anno fa sarebbe stato considerato sconveniente in quanto divisivo). Arrivano sul palco i «senza voce». Storie scelte come emblematiche, anche se non si parla mai di migranti: un rappresentante dei lavoratori delle mense scolastiche, che non vengono pagati d’estate. Una guarda giurata retribuita sei euro l’ora rivendica la necessità della legge sul salario minimo. Un lavoratore dello spettacolo chiede un reddito anche per i lavoratori intermittenti. Conte rilancia persino la riduzione dell’orario di lavoro: «Aumenterà la produttività. Lavoreremo meglio e produrremo di più». Il vecchio grido «Onestà» spunta solo quando parla l’ex magistrato antimafia Roberto Scarpinato.

ARRIVA ANCHE l’ex ministro della giustizia Alfonso Bonafede: «Diciamo la verità: fino a qualche mese fa abbiamo temuto che tutto fosse finito, pensavamo di di non farcela». «Avevamo costruito un progetto politico progressista e autenticamente democratico – dice Conte sulla rottura col Partito democratico – Li avevamo convinti a sottoscrivere il programma per non avere mai più inceneritori, poi sapete come è andata. Quando si dice che abbracci convintamente e lealmente la transizione ecologica…». Parla di Di Maio senza nominarlo: «Le sirene del sistema sono ammalianti. Ma almeno abbiamo fatto chiarezza, è stata la nostra salvezza». Roberto Fico saluta così il nuovo corso: «La nostra anima è stare vicino alle persone più deboli da qui ci rinnoviamo di volta in volta».

MARIOLINA Castellone, capogruppo al Senato e volto emergente, denuncia quelli che «in questi anni hanno tagliato al fondo sanitario nazionale 37 miliardi di euro». «Saremo contro chi vuole fare più potere alle regioni per gestire la sanità, siamo per la sanità territoriale che è un filtro: impedisce che con la pandemia gli ospedali siano intasati». Uno dei colonnelli di Conte, Mario Turco, si presenta con un imprenditore del sud che dice: «Devo scegliere tra le bollette e gli stipendi: pagherò gli stipendi». «Lo stato adesso faccia lo stato – dice Turco – Servono prezzi dell’energia amministrati».

PARE INCREDIBILE, e rende l’idea della mutazione, che in pochi notino l’assenza di Beppe Grillo. Conte lo ricorda, assieme al co-fondatore Gianroberto Casaleggio, le cui profezie sulla rete sono state riconosciute come impraticabili e dunque archiviate con una certa fretta. «Nella carta dei principi e dei valori ci sono le battaglie di Beppe, che salutiamo, e le intuizioni di Gianroberto», dice nonostante tutto l’ex premier. Dall’altra parte di via del Corso, in piazza del Popolo, quelli del Pd sono andati a casa ormai da almeno un’ora. «Siamo stati noi la vera forza riformatrice del paese» dice Conte, insidiando ancora una volta gli ex alleati.