Il Consiglio di Stato lo ha ribadito per l’ennesima volta: le proroghe delle concessioni balneari sono illegittime e i titoli vanno subito riassegnati attraverso gare pubbliche. Le sentenze sono di ieri e questa volta riguardano i comuni di Lecce e Ginosa, ma non differiscono dalle precedenti pronunce su analoghi contenziosi in altre località d’Italia. Palazzo Spada aveva già scritto tutto a novembre 2021, in adunanza plenaria, e da allora continua a rifarsi a quella decisione, che aveva bocciato la proroga al 2033 approvata dal primo governo Conte. Nel farlo, il massimo tribunale amministrativo aveva imposto la scadenza delle concessioni il 31 dicembre 2023 e ricordato l’obbligo di riaffidarle tramite procedure selettive. Secondo i giudici, i rinnovi automatici sulle concessioni di beni pubblici ai medesimi titolari, con cui le spiagge italiane sono state gestite negli ultimi quindici anni, sono in contrasto con il diritto europeo e vanno disapplicati.

Il governo Draghi, con la legge sulla concorrenza del 2022, aveva recepito le disposizioni del Consiglio di Stato ma aveva anche previsto la possibilità di una «proroga tecnica» di un anno, fino al 31 dicembre 2024, e il governo Meloni ha ulteriormente spostato il termine al 31 dicembre 2025 col suo primo decreto milleproroghe. Ma ogni volta che la questione delle concessioni balneari finisce in tribunale, i giudici ribadiscono la scadenza del 31 dicembre 2023 e disapplicano qualsiasi tipo di proroga. Così è successo di nuovo ieri, in due nuove pronunce di oltre 50 pagine che danno ulteriori segnali al governo Meloni.

Nelle sentenze, il Consiglio di Stato ha affermato che le proroghe sono in contrasto non solo con la direttiva Bolkestein, ma anche con l’articolo 49 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea. Crolla così una delle tesi del governo Meloni, che ha più volte promesso di escludere le spiagge dall’applicazione della direttiva Bolkestein per dare continuità ai concessionari storici. Palazzo Chigi voleva rifarsi agli articoli 11 e 12 della direttiva, che prevedono le gare solo in caso di «scarsità della risorsa naturale» e, per stabilirla, ha dichiarato che solo il 33% delle coste italiane è occupato da concessioni.

Consiglio di Stato
I Comuni bandiscano subito procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023

Ma ieri Palazzo Spada ha affermato che «la disapplicazione delle proroghe sulle concessioni demaniali marittime si impone prima, e a prescindere, dall’esame della questione della scarsità delle risorse, che in ogni caso non risulta essere decisiva in quanto anche ove si ritenesse che la risorsa non sia scarsa, le procedure selettive sarebbero comunque imposte dall’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Ue». Palazzo Spada ha dunque ribadito la necessità che i Comuni bandiscano subito «procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023». Alcuni comuni le hanno già concluse, altri stanno per pubblicare i bandi, che richiedono molti mesi di lavoro.

Si sta avverando così lo scenario che il governo aveva promesso di evitare. Ma nel frattempo, anche le forze di maggioranza sembrano avere cambiato idea rispetto alle promesse fatte. Palazzo Chigi aveva convocato un tavolo per il 12 giugno, forse per evitare di comunicare decisioni impopolari prima delle elezioni europee, ma ha anticipato l’incontro a ieri dopo che la Conferenza delle regioni ha sollecitato il governo a sbrigarsi e il Sindacato italiano balneari di Confcommercio ha annunciato iniziative di protesta. In base alle informazioni in nostro possesso, la discussione non si è concentrata sul progetto di escludere le spiagge dalla Bolkestein, bensì su come regolamentare le gare ormai inevitabili. D’altronde la settimana scorsa è stata incardinata in commissione finanze alla Camera una proposta di legge, firmata dai deputati di FdI Riccardo Zucconi e Gianluca Caramanna, per introdurre gli indennizzi economici ai concessionari uscenti che dovessero perdere i bandi. Un ddl che sembra rappresentare un significativo cambio di passo.