Concessioni balneari, senza limiti addio alle spiagge libere
Sabbie immobili Il rapporto di Legambiente offre già una mappatura delle coste. La corsa a costruire stabilimenti galoppa, anche senza gara
Sabbie immobili Il rapporto di Legambiente offre già una mappatura delle coste. La corsa a costruire stabilimenti galoppa, anche senza gara
Il dibattito intorno alla sentenza della Corte di giustizia europea che ha bocciato il rinnovo automatico di concessioni balneari prende un tono surreale. Ieri il presidente di Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata) Turismo e Cultura, Roberto Dal Cin, ha invitato il governo a «procedere con opportuno buonsenso» suggerendo che la sentenza sia «l’occasione per avviare la tanto attesa mappatura delle aree demaniali su tutto il territorio, al fine di reperire quelle informazioni relative ai rapporti concessori».
Come se queste informazioni non esistessero, rintracciabili all’interno del Sistema informativo del demanio marittimo, collegato al sito del ministero delle Infrastrutture. Vi hanno accesso le amministrazioni pubbliche e anche ogni privato interessato. Legambiente, ad esempio, lo usa come fonte per il Rapporto spiagge, che ogni anno fa il punto sulla situazione e sui cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane.
CONSULTARLO, AIUTA a scoprire che le concessioni balneari erano 12.166 nel 2021, molte di più di quelle censite nel 2018, 10.812, con un aumento del 12,5% in 3 anni. Una corsa ad allargare la quantità di spiaggia in concessione che evidenzia l’assoluta mancanza di volontà di rispettare la direttiva europea del 2006, con l’Italia che continua a rinviare il momento di istituire gare per l’assegnazione degli spazi.
Il Comune di Ginosa, in provincia di Taranto, contro cui aveva fatto ricorso l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato (Agcm) nell’ultimo caso giudicato dalla Corte Ue, aveva immaginato un rinnovo senza gara di tutte le concessioni in essere fino al 2033.
I rapporti annuali di Legambiente evidenziano un problema serio. Dato che ci sono alcune Regioni dove – record a livello europeo – quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (Lu), Camaiore (Lu), Montignoso (Ms), Laigueglia (SV) e Diano Marina (IM) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.
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«I boschi più belli d’Europa»ALCUNE REGIONI hanno istituito dei limiti alla concessione di spiagge, ma in molti casi questi sono facilmente aggirabili. L’Emilia-Romagna, ad esempio, nel 2002 ha imposto un limite minimo (e irrisorio) del 20% della linea di costa dedicato a spiagge libere, che non vale per i singoli Comuni ma per l’intera costa regionale. E questo significa che grazie alle aree protette della fascia a nord, tra Ravenna e Comacchio, si rientri nelle regole anche se poi ci sono Comuni dove non c’è uno spazio libero.
È romagnolo Marco Croatti, senatore del M5S: «Secondo indiscrezioni sarebbe in arrivo una lettera con cui Bruxelles concederà due soli mesi all’Italia per eliminare la proroga delle concessioni balneari. Si sta compiendo il delitto perfetto di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia che mentre continuano a lanciare proclami a difesa dei piccoli imprenditori balneari, in sei mesi non sono stati capaci di fare nulla.
Impossibile in tempi brevi costruire bandi che rispondano alle necessità e alle peculiarità delle comunità costiere, introducano minime protezioni per i piccoli imprenditori, impediscano offerte predatorie» scrive commentando la sentenza. L’Italia, spiega, potrebbe «ripartire dal decreto concorrenza del luglio 2022 e non perdere altro tempo».
L’ARTICOLO 4 di quella legge delega, approvata dal parlamento ad agosto 2022, stabiliva anche l’esigenza di un «adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate». Lo ha citato ieri il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, che si batte per «rendere effettivo il diritto delle famiglie italiane alla spiaggia libera». Quello che accade in Puglia, dove grazie alla legge Minervini il 60 per cento della costa utile di ogni Comune deve essere di libera fruizione, appena il 40 per cento può essere dato in concessione.
«Il Piano delle Coste di Lecce rispetta le proporzioni, destinando a stabilimenti balneari il 22% della linea di costa utile e del restante 78% il 12,89% a spiaggia libera con servizi e l’87,11% a spiaggia libera» precisa il sindaco, che lamenta come la legge Minervini non abbia un suo corrispettivo nazionale.
Più spiagge libere e meno spiagge in concessione tenendo conto anche che la superficie utile si riduce di anno in anno: l’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, dato triplicato dal 1970, mentre l’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione.
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