Commenti

Con il cuneo fiscale non paghi nemmeno una visita

Con il cuneo fiscale non paghi nemmeno una visitaUn’opera di Barbara Hepworth

Commenti Tutti gli studi sull’Oope confermano che i redditi privati compensano le carenze nelle offerte sanitarie pubbliche e che il loro aumento riguarda le patologie più frequenti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 aprile 2023

Nel Def il governo Meloni ha previsto pochi spiccioli (3 miliardi) per ridurre i contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, ignorando i drammi di cui proprio i bassi redditi sono vittima a cominciare dalla salute. Molto semplicemente, è stato calcolato che in media un cittadino malato per curarsi dal cancro spende oltre 1.800 euro all’anno di tasca propria per esami, visite e terapie e per pagarsi eventualmente alloggio e viaggio se dovesse essere costretto a curarsi fuori dalla sua regione (Fonte Favo). E che cosa ci fa il malato di cancro con i quattro spiccioli che Meloni ricava dalla riduzione del cuneo fiscale? O un qualsiasi altro cittadino con un reddito basso colpito da una qualsiasi malattia? Con la sanità pubblica sempre più definanziata, i soldi del cuneo fiscale non bastano neanche per fare una banale visita medica.

Se il governo volesse davvero aiutare i redditi medio bassi, cuneo fiscale a parte, dovrebbe garantire una sanità pubblica gratis e universale.

Solo l’anno scorso oltre 4 milioni di italiani, cioè il 7% della popolazione ha rinunciato a curarsi, pur avendo teoricamente un servizio pubblico, proprio perché non aveva con che pagarsi l’assistenza privata. A parte qualche briciola al fondo sanitario previsto dal Def per il prossimo anno, il governo Meloni conferma i tagli lineari alla sanità, già programmati. Così come conferma i tetti alle assunzioni e gli sgravi fiscali alla sanità privata, quindi in sostanza conferma la sua intenzione politica di costringere le persone non abbienti o a non curarsi o a indebitarsi, se pure possono farlo, per ottenere le cure ma nel privato. E sappiamo che la spesa sanitaria è destinata a scendere: dal 7.1% del Pil al 6,7% mentre la media Ocse è il 12%.

Forse a questo punto è necessario riflettere, e il sindacato dovrebbe fare la sua parte, sulla funzione del welfare, in questo caso relativo alla sanità pubblica, nel distribuire il reddito nel nostro paese e nel distribuire soprattutto le diseguaglianze cioè gli svantaggi e i vantaggi sociali.

Pochi giorni fa uno studio di Mediobanca ci ha informati che i ricavi della sanità privata in particolare quelli della grossa ospedalità (S. Donato,S. Raffaele, Gruppo villa Maria, Segesta, fondazione policlinico Gemelli ecc) hanno superato alla fine del 2022 i 9Mld e sono in continua crescita. Ma tutti questi soldi da dove vengono? Di sicuro non dai redditi medio bassi ma da quei redditi che si possono comprare le cure, anche con il welfare aziendale, ricorrendo a tutele privare aggiuntive. La Ragioneria dello Stato ci ha detto che nel 2021 la spesa sanitaria complessivamente è stata quasi 164 miliardi di euro, di cui oltre 37 spesi per prestazioni out of pocket (Oope) cioè prestazioni comprate direttamente dal privato di tasca propria

Tutti gli studi sull’Oope confermano che i redditi privati ormai compensano le carenze e le inefficienze nelle offerte sanitarie pubbliche e che il loro aumento costante è legato alle patologie più frequenti, patologie che diventano, in questo modo, indicatori della scarsa qualità delle cure ricevute nel pubblico e della scarsa equità del sistema pubblico. Cioè indicatori del basso grado di pubblicità del servizio pubblico.

Ma come potrebbe la sanità pubblica essere di qualità per tutti se il governo non la finanzia e nello stesso tempo incentiva fiscalmente il privato? Quindi è indiscutibile che le politiche sanitarie di questo governo della destra asociale contribuiscono di fatto a determinare l’effettiva diseguaglianza, come è indiscutibile che alla fine esso svolge, proprio attraverso la sanità, una azione distributiva del reddito prodotto nel nostro paese.

Per questo non basta più dire che Meloni non tiene in nessun conto la sanità pubblica, per il semplice fatto che in realtà Meloni usa la sanità per il cinico gioco di dare e togliere e per praticare una precisa distribuzione del reddito all’insegna dell’iniquità. La misura relativa al cuneo fiscale, in generale un segnale positivo, è tuttavia palesemente solo una foglia di fico per nascondere l’indecenza di politiche apertamente contro i diritti e apertamente a favore dei più forti.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento