È la Francia il paese europeo dove l’astensionismo alle elezioni politiche è cresciuto di più dal dopoguerra a oggi – ed è cresciuto anche domenica scorsa di quattro punti rispetto alle presidenziali del 2017. Ma subito dietro ci sono la Svizzera e l’Italia. Nel nostro paese in settant’anni (dalle politiche del 1948 alle ultime del 2018) si è passati dal 92% al 73% di affluenza. Anche più netta la fuga dalle elezioni europee, per le quali la prima volta, nel 1979, aveva votato l’86% degli elettori e nel 2019 solo il 56%. Percentuale, quest’ultima, straordinariamente bassa eppure solo sfiorata, nel complesso, dagli elettori delle ultime comunali (ottobre 2021).

IN QUESTO QUADRO di disaffezione crescente, il parlamento da qualche anno ha pensato bene di resuscitare le elezioni suppletive. Risultato: a gennaio per il collegio Roma 1 è andato a votare poco più del 21% degli aventi diritto. Se è vero che per guarire bisogna prima di tutto guardare negli occhi il male, allora il «Libro bianco sull’astensionismo» al quale ha lavorato per quattro mesi una commissione ministeriale presieduta da Franco Bassanini, le cui conclusioni sono state presentate ieri dal ministro per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà, è uno strumento assai utile. Anche se le sue proposte finali sono forse un po’ timide. Scartato il ricorso al voto per corrispondenza, rimandato a una misteriosa sperimentazione in corso da tre anni presso il ministero dell’Interno il voto online, escluso il voto per delega, l’idea forte della commissione Bassanini è quella del «voto anticipato presidiato».

IL LIBRO BIANCO sull’astensionismo parte inevitabilmente dalla formula ambigua e di compromesso introdotta all’articolo 48 della Costituzione, per la quale l’esercizio del voto non è un obbligo sanzionato ma un più astratto «dovere civico». Negli ultimi trent’anni, però, la Corte costituzionale ha progressivamente caricato di valore quella formula, arrivando a contrario a stabilire che l’astensione non può essere qualificata come diritto giuridico. Astensione che la Commissione distingue tra «apparente» e «reale». La prima dipende essenzialmente dal peso crescente degli elettori residenti all’estero e iscritti all’Aire, ormai il 10,3% del totale. La loro affluenza al voto, regolarmente più bassa, è riconoscibile alle politiche (Circoscrizione estero) ma pesa in maniera nascosta nelle elezioni regionali e comunali. Soprattutto nei comuni più piccoli, quelli con meno di cinquemila abitanti, si verifica un abbaglio. Ai commissari il ministro D’Incà ha fatto l’esempio di un paesino del bellunese, la zona della quale è originario, che ha 300 residenti e 600 iscritti all’Aire che si disinteressano delle amministrative.

LA QUOTA PIÙ INTERESSANTE è però quella dell’astensionismo «reale» a sua volta distinto in «involontario», da «disinteresse» o «per protesta», categoria quest’ultima nella quale stanno insieme fenomeni difficilmente sommabili, come il rifiuto della rappresentanza o la mancanza di un’offerta politica convincente. In ogni caso è la quota «involontaria» che il libro bianco immagina di poter aggredire, stimandola assai alta. L’Italia è un paese che invecchia velocemente e tra gli anziani sono molto più frequenti i casi di impedimento fisico a recarsi alle urne, atteso che i sistemi di voto a domicilio funzionano poco e male. In più il rapporto stima quasi 5 milioni di italiani che lavorano o studiano lontano dalla residenza – da 4 a 12 ore di auto -, un 10% di elettorato che può essere recuperato.

LE PROPOSTE OPERATIVE partono da un’attenta ricognizione del panorama estero. Su venti paesi oggetto di esame, solo l’Italia non ha forme generalizzate alternative al classico voto al seggio nel giorno delle elezioni (limitate eccezioni sono previste per i militari, le forze dell’ordine, i candidati e pochi altri). In cinque paesi (Francia, Belgio, Olanda, Regno unito e Svizzera) è previsto il voto per delega, per la commissione impossibile da adottare da noi stante che la Costituzione (ancora l’articolo 48) prevede che il voto sia «personale» e «segreto». Quindici paesi consentono il voto per corrispondenza, dieci dei quali anche per gli elettori residenti all’interno della nazione. Per la commissione però prevalgono i rischi. Avranno pesato le violente polemiche dei Repubblicani contro questo strumento largamente diffuso alle ultime presidenziali Usa (i supporter di Trump hanno persino montato false buche di raccolta in giro per il paese, mandando al macero i voti). E certamente il gruppo di studio ha interpretato la freddezza della Corte costituzionale verso il voto per corrispondenza degli italiani all’estero che a ogni evidenza non garantisce la personalità e segretezza del voto, e nemmeno la «libertà». Non per caso il senato ha dovuto votare la decadenza di Adriano Cario, eletto in Sud America con schede considerate contraffatte.

LA COMMISSIONE PROPONE di riunire tutte le elezioni in due soli election day annuali, novità che però richiederebbe la modifica di una lunga serie di norme sul voto politico, i referendum, lo spoglio delle schede e il riparto dei costi, oltre che risultare impossibile in diversi casi di scioglimento anticipato delle assemblee. La proposta più interessante ruota attorno a una nuova infrastruttura tecnologica, il certificato elettorale digitale o election pass, che potrebbe funzionare proprio come il green pass al quale siamo abituati. Caricato sul telefono dell’elettore, consentirebbe di votare anche in un seggio diverso, eliminando il rischio di voti ripetuti. Che invece sono consentiti in Svizzera, dove l’elettore ha la possibilità di ripensarci e votare una seconda volta: vale l’ultimo voto. A imitazione proprio della Svizzera (e di altri 8 paesi), la Commissione Bassanini propone di introdurre il «voto anticipato presidiato», lasciando in pratica gli elettori liberi di votare in uno qualunque dei 13mila uffici postali del paese fino a quattro-cinque giorni prima della data del voto. Il plico avrebbe il tempo di essere spedito al seggio di appartenenza dell’elettore e la scheda scrutinata con le altre. Sarebbe questo un voto «classico», con tanto di cabina e pubblico ufficiale, un’alternativa rispettosa dei precetti costituzionali che potrebbe attrarre molta dell’astensione involontaria o da disaffezione. Per recuperare l’astensione consapevole e motivata, invece, non ci sono tante alternative e non è materia da libri bianchi: va cambiata in meglio l’offerta politica