Come a Gaza. Gallant: «Chi non si arrende sarà ucciso»
Cisgiordania Ucciso il capo militare di Hamas a Jenin. A Gaza Israele si ritira da Khan Yunis. Anera: nella Striscia colpito un nostro convoglio, uccisi gli operai addetti ai trasporti
Cisgiordania Ucciso il capo militare di Hamas a Jenin. A Gaza Israele si ritira da Khan Yunis. Anera: nella Striscia colpito un nostro convoglio, uccisi gli operai addetti ai trasporti
La Cisgiordania come Gaza, Nur Shams come Khan Yunis. Il paragone potrebbe apparire azzardato, le distruzioni nella Striscia sono enormi. Eppure, quando giovedì sera i soldati israeliani sono usciti da Nur Shams, il campo profughi alle porte di Tulkarem ricordava la desolazione delle città e dei villaggi di Gaza colpiti dai bombardamenti. Muri crivellati di colpi, case distrutte o danneggiate, strade squarciate, rete idrica a pezzi. «Siamo un’altra Gaza qui nei campi profughi», diceva ieri a un gruppo di giornalisti Nayef Alaajmeh, un abitante. Intorno a lui diverse persone camminavano con cautela tra i copertoni bruciati e altri detriti. Scene che rischiano di moltiplicarsi nei prossimi giorni. Non terminerà presto l’offensiva «contro il terrorismo» lanciata a inizio settimana dai comandi israeliani nelle città cisgiordane e contro i campi profughi dove i gruppi combattenti palestinesi hanno infoltito i loro ranghi dopo il 7 ottobre. Ieri le incursioni dei corpi scelti dell’esercito si sono spinte più in profondità a Jenin e si sono allargate a Nablus e al campo di Balata. Raid brevi e intensi sono avvenuti in altre aree del nord della Cisgiordania.
Non lasciano margini all’interpretazione le parole del ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant. «Chiunque non si arrenderà e combatterà, sarà ferito o ucciso» ha avvertito. Poche ore prima a Zababdeh, un villaggio a sud di Jenin, tre palestinesi armati sono stati individuati in una abitazione. Maysara Masharqa, Arafat Turkman e il capo a Jenin dell’ala militare di Hamas, Wissam Khazem, tutti del campo profughi di Jenin, hanno cercato di fuggire con un’auto, ma sono stati bloccati da uomini di unità scelte israeliane: la loro autovettura è stata crivellata da decine di colpi. Secondo una versione dell’accaduto, sarebbe stata anche colpita da un drone e ha preso fuoco. Hamas ha confermato l’uccisione di Wissam Khazem.
In tre giorni sono stati uccisi 21 palestinesi, tra cui tre comandanti locali di Hamas e Jihad, raggiunti nei loro nascondigli grazie evidentemente a informazioni precise oltre la sorveglianza elettronica. Secondo indiscrezioni, Israele dopo il fallimento del 7 ottobre si starebbe affidando molto più che negli anni passati ai collaborazionisti palestinesi. Ma se uno degli obiettivi dell’offensiva in corso in Cisgiordania è anche inviare un messaggio chiaro e intimidatorio, i palestinesi dei campi profughi da parte loro riaffermano «la volontà di non piegarsi» e si oppongono agli «sfollamenti temporanei» minacciati dal ministro israeliano degli Esteri Israel Katz. «Oggi siamo proprio come Gaza, guerra o non guerra…ma siamo risoluti e come la gente di Gaza» ha detto alla agenzia Afp, Nabil Abu Shala, un abitante del campo di Nur Shams.
Nella Striscia sono arrivate 1,2 milioni di dosi di vaccino contro la poliomielite in vista della campagna prevista a partire da domani per vaccinare oltre 640.000 bambini. I civili gettati dall’offensiva militare israeliana in una crisi umanitaria tra le più gravi del pianeta, sperano di poter respirare durante i tre giorni di «pausa umanitaria» – a turno nel sud, nel centro e nel nord – che Israele e Hamas si sono impegnati a rispettare (dovrebbe ripetersi tra un mese per il richiamo). Le Nazioni unite e le Ong ne approfitteranno per tamponare le criticità più evidenti e aiutare i segmenti di popolazione più fragili. L’offensiva però riprenderà e le possibilità che si arrivi in tempi stretti a una tregua vera e propria sono limitate. A maggior ragione dopo la riunione del gabinetto di sicurezza israeliano che giovedì in tarda serata ha votato a favore del mantenimento dell’occupazione del Corridoio di Filadelfia, tra Egitto e Gaza. In sostanza è stata adottata ufficialmente la condizione posta dal premier Netanyahu che nei giorni scorsi ha impedito il raggiungimento di un accordo di cessate il fuoco e di scambio di prigionieri con Hamas contrario (come l’Egitto) alla presenza israeliana sul Corridoio Filadelfia. A votare contro è stato solo il ministro della Difesa Gallant convinto che Netanyahu, in questo modo, abbia segnato il destino degli ostaggi israeliani a Gaza. Si è astenuto il ministro della Sicurezza e leader dell’estrema destra, Itamar Ben Gvir, che accusa Netanyahu di non essere abbastanza «duro» con Hamas e i palestinesi. Secondo il primo ministro invece, il movimento islamico di fronte alla «fermezza» di Israele farà concessioni.
Sullo sfondo ci sono le migliaia di civili palestinesi che ieri hanno cominciato a far ritorno a Khan Yunis, lasciata dall’esercito israeliano dopo 22 giorni di una nuova distruttiva offensiva. Tra le macerie della città, la seconda per importanza di Gaza, sono stati recuperati i corpi di nove uccisi. Israele afferma di «aver ucciso 250 terroristi» a Khan Yunis, di aver distrutto tunnel e infrastrutture di Hamas. L’Ong Usa Anera ha denunciato che giovedì scorso Israele ha colpito con un missile un suo convoglio sulla superstrada Salah Edin che trasportava forniture mediche e carburante uccidendo diverse persone impiegate da una compagnia di trasporti locale. L’esercito israeliano replica di aver fatto fuoco perché il convoglio sarebbe stato sequestrato da combattenti palestinesi. Accuse a Israele anche dalla Palestinian Prisoners Society. Molti degli abitanti di Gaza arrestati da Israele dopo il 7 ottobre, afferma, sono svaniti nel nulla.
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