«Colpo di mano della giunta Zingaretti sulla Consulta regionale per la salute mentale»: il Presidente dell’organismo consultivo della Regione Lazio non sarà più scelto dalle associazioni – di familiari, di utenti, scientifiche e a tutela dei diritti – che ne fanno parte, «ma sarà nominato dal Consiglio regionale in assoluta discrezionalità, scegliendo in una rosa di nominativi di esperti, senza graduatorie di merito o attribuzioni di punteggio». A denunciarlo sono i rappresentanti delle associazioni che costituiscono la Consulta regionale per la Salute Mentale (selezionate attraverso un bando pubblico in base al numero di iscritti e agli anni di attività) e che si sono dimessi in massa dopo aver appreso – «ma solo dal Bollettino regionale» – di una modifica apportata in sordina alla legge 6/2006, quella costitutiva dell’organismo.

La piccola ma sostanziale correzione alla composizione della Consulta regionale è stata ottenuta grazie ad un emendamento presentato in Aula dall’assessore alla Sanità, il dem Alessio D’Amato, alla legge regionale sulla disabilità, la n°10 del 17 giugno 2022, il cui testo era stato discusso e messo a punto in Commissione. «Così l’Associazionismo degli utenti, delle famiglie e del volontariato viene privato del diritto ad esprimere il proprio voto, torna ad essere subalterno ai tecnici (psichiatra, psicologo, ecc.), e si riporta l’ambito della salute mentale alla cultura e alla situazione antecedente la legge 180/1978», denuncia Daniela Pezzi, della Caritas Roma, eletta presidente della Consulta nell’ottobre 2013.

E sarebbe proprio lei – troppo critica nei confronti della giunta Zingaretti – l’obiettivo della nuova norma, secondo il punto di vista delle stesse associazioni dell’organismo consultivo (molte delle quali d’ispirazione cattolica, come Sant’Egidio, Acli, Caritas, Aresam, ecc.), ma anche delle organizzazioni che non ne fanno parte, come l’Unasam, Fenascop e il comitato «Si può fare» che in una nota spiega: «La Consulta e la sua Presidente si sono opposti ottenendo la cancellazione alla scandalosa Delibera che scaricava il costo economico delle rette delle strutture residenziali sulle famiglie ed ancora alle scelte nefaste sul riutilizzo dell’Ex Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà, rivendicando il rispetto delle norme nazionali che imporrebbero la messa a reddito degli Ex O.P. per finanziare i Servizi Territoriali di Salute Mentale». Servizi, ricorda Pezzi, «smantellati a colpi di decreti e delibere».