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Clima, il mondo a tutta velocità verso l’inferno. Guterres: «Cooperare o perire»

Clima, il mondo a tutta velocità verso l’inferno. Guterres: «Cooperare o perire»Sharm el Sheikh, 7 novembre, partecipanti al summit globale sul cambiamento climatico Cop 27 – Ansa

Sharm el Shock Il segretario generale dell’Onu apre la Cop27 senza giri di parole: «Con le attuali politiche disastroso aumento delle temperature». Il Patto di solidarietà climatica stenta a decollare: chi inquina di più, come gli Stati uniti, non paga

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 8 novembre 2022

In Egitto è partita la Cop27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022. Fino al 18 novembre a Sharm el-Sheikh si parlerà di riduzione delle emissioni e di come contenere il riscaldamento globale, ma lo si farà in un contesto di profonda sfiducia: «Tra pochi giorni la popolazione del nostro Pianeta varcherà una nuova soglia. Nascerà l’8miliardesimo membro della nostra famiglia umana» ha detto il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, nel messaggio di apertura, chiedendosi quindi «come risponderemo quando “baby 8 miliardi” sarà abbastanza grande da chiedere: cosa hai fatto per il nostro mondo quando ne hai avuto la possibilità?».

È RETORICA, OVVIAMENTE, ma sottende un messaggio innegabile: «Il tempo scorre. Stiamo lottando per le nostre vite e stiamo perdendo» ha detto Guterres. E poi, in un crescendo: «Siamo su un’autostrada per l’inferno climatico col piede sull’acceleratore». Per questo, anche davanti a eventi tremendi come la guerra in Ucraina, «è inaccettabile, oltraggioso e controproducente mettere il tema del cambiamento climatico in secondo piano».

Stavolta il segretario Onu prova a rinnovare la stanca litania dei vertici sul clima promuovendo tra le economie sviluppate e quelle emergenti un Patto di solidarietà climatica. «L’umanità deve scegliere: cooperare o perire. Quindi o è un Patto di solidarietà per il clima o un Patto di suicidio collettivo» ha affermato sempre Guterres, nella prima giornata di alto livello della Cop 27.

QUESTO PATTO dovrebbe vedere i paesi più ricchi e le istituzioni finanziarie internazionali fornire assistenza finanziaria e tecnica per aiutare le economie emergenti ad accelerare la propria transizione alle energie rinnovabili. Un patto che dovrebbe porre fine anche alla dipendenza dai combustibili fossili e dalla costruzione di centrali a carbone, eliminando gradualmente il carbone nei Paesi dell’Ocse entro il 2030 e ovunque entro il 2040.

Questo perché, come ha ricordato Guterres, «gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati e l’emergenza del clima sta già aumentando drasticamente l’entità dei disastri naturali. Le attuali politiche climatiche condanneranno il mondo a un disastroso aumento della temperatura di 2,8 gradi entro la fine del secolo». Serve un impegno radicale per limitare tale aumento a 1,5 gradi ma intanto le emissioni di gas serra sono ancora in aumento.

IL DISEGNO È CONDIVISIBILE nei contenuti, ma ieri è stato reso pubblico che i Paesi ricchi non contribuiscono finanziariamente in modo adeguato agli sforzi necessari per aiutare i Paesi più poveri dinanzi ai cambiamenti climatici. Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Australia, infatti, non hanno raggiunto la loro quota di finanziamenti per il clima a favore dei Paesi in via di sviluppo, secondo un’analisi di Carbon Brief riportata dal Guardian. I Paesi ricchi si erano impegnati a fornire 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020, ma l’obiettivo è stato mancato. La quota Usa era 40 miliardi di dollari, ma nel 2020 hanno versato 7,6 miliardi. Australia e Canada solo un terzo, Londra tre quarti.

Il Giappone e la maggior parte dei Paesi europei, tra cui l’Italia, sono invece tra i più virtuosi. Il nostro Paese, in particolare, avrebbe versato il 43% in più rispetto al dovuto. La Francia addirittura il triplo. Per questo ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha indicato di voler premere sui «Paesi ricchi non europei», in particolare Usa e Cina, affinché paghino la loro parte per aiutare quelli più poveri. «È giunta l’ora di mettere sul tavolo la responsabilità di ciascuno e che ci sia una coscienza collettiva mondiale. O salviamo il Pianeta o sparisce con noi» ha affermato il presidente del Senegal e dell’Unione africana, Macky Sall, in un’intervista a France Info.

LA SORTE DELL’AFRICA è al centro del dibattito in termini di danni subiti e necessario meccanismo di compensazione economica: Sall si rivolge ai leader dei Paesi ricchi, ricordando la «loro responsabilità nel fornire un contributo finanziario a quelli più poveri, a sostegno della loro politica ambientale».
Il presidente senegalese ha anche sottolineato che finora la comunità internazionale non ha rispettato gli impegni presi in materia di finanziamento, precisando che l’Africa – per rispettare gli obiettivi dell’Accordo siglato a Parigi nel 2015 – necessita di un aiuto stimato in 85 miliardi dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc).

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