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Clima e attività umane stanno svuotando i laghi

Il fiume Po ai minimi storici a Boretto (Re), foto ApIl fiume Po ai minimi storici a Boretto (Re) – Ap

Prosciugamento globale Ogni anno, i laghi del pianeta perdono 21 miliardi di tonnellate di acqua, soprattutto a causa del cambiamento climatico e delle attività umane. È come se ogni anno evaporasse un […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 20 maggio 2023

Ogni anno, i laghi del pianeta perdono 21 miliardi di tonnellate di acqua, soprattutto a causa del cambiamento climatico e delle attività umane. È come se ogni anno evaporasse un lago ampio e profondo come quello di Como. A causa di questo fenomeno, negli ultimi trent’anni un quarto della popolazione mondiale ha visto diminuire la disponibilità di acqua dolce e un settimo quella di energia idroelettrica. Il dato è rivelato da uno studio internazionale coordinato dall’università del Colorado (Usa) e pubblicato sulla rivista Science che analizza i dati del periodo 1992-2020 relativi a 1051 laghi naturali e 921 bacini artificiali.

Considerando solo i laghi naturali, la perdita annua sarebbe addirittura di 26 miliardi di tonnellate d’acqua. A dominare la tendenza sono il Mar Caspio e il lago d’Aral, tra Uzbekisan e Kazakistan, ma i laghi che hanno subito una «significativa perdita d’acqua» sono il 53% del totale. La perdita tuttavia è parzialmente compensata dalla costruzione di nuovi bacini artificiali.

Il prosciugamento globale è la somma di due fenomeni opposti, una caratteristica tipica del riscaldamento globale che può portare a conseguenze molto diverse da un luogo all’altro: le aree aride stanno diventando sempre più aride, mentre in quelle umide la quantità di acqua aumenta, anche se l’incremento non basta a riequilibrare le perdite. Secondo i ricercatori, oltre la metà del prosciugamento dei laghi si può attribuire alla maggiore evaporazione dovuta al riscaldamento globale di origine antropica e al prelevamento diretto dell’acqua per uso umano. Ma ci sono anche esempi in controtendenza: il lago Sevan in Armenia, che nel periodo sovietico aveva perso circa il 40% del suo volume per lo sfruttamento idroelettrico, negli ultimi trent’anni ha ripreso volume grazie a provvedimenti radicali nella gestione dei suoi flussi.

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