Dopo quattro anni lontano dai riflettori -ha aperto la casa editrice People a Busto Arsizio- Pippo Civati è tornato in politica. Sta girando per tutta l’Emilia Romagna, dove è candidato nel proporzionale per Sinistra italiana e Verdi. Comizi ma anche caffè direttamente a casa delle persone.

In che stato di salute ha ritrovato il centrosinistra? Ancora peggio del 2018?

Beh, almeno il renzismo è stato archiviato. E tutti quelli che erano con lui oggi fanno finta di non averlo fatto. E poi Letta dice le cose che dicevo io quando mi sono candidato alle primarie Pd nel 2013.

Addirittura?

Su diritti, ambiente, lavoro sento cose molto più di sinistra di alcuni anni fa. Diciamo che hanno perso un bel po’ di tempo: vedo che il Pd ha addirittura abbandonato il Jobs Act, e non posso che esserne contento. Non è più il partito da cui sono uscito nel 2015. Però ci si è arrivati tardi e in affanno.

Un cambiamento vero o un tentativo di recuperare voti? Il ministro Orlando sostiene che la svolta è iniziata nel 2019, con la vittoria di Zingaretti al congresso.

È un dubbio che non ho ancora risolto. Diciamo che il gruppo dirigente non è cambiato, a parte Letta. C’è un problema di credibilità da riconquistare. Sul salario minimo sono arrivati molto in ritardo, non mi pare che in questa legislatura abbiano fatto fuoco e fiamme per approvarlo. C’è una ambiguità che non è stata sciolta. E anche per questo sono molto contento di candidarmi in una lista che è molto più chiaramente di sinistra e ambientalista.

Letta ha detto che non vorrebbe fare un governo con voi.

Parole sbagliate. Se guardo i programmi non capisco perché mai dovrebbe provare imbarazzo a governare con una lista come la nostra. Il problema, come dicevo, è che questo Pd- che propone come slogan «Scegli»- non ha ancora scelto cosa vuol essere: il partito del governo ad ogni costo e delle larghe intese, dell’agenda Draghi, , o una forza socialista che guarda a sinistra, cole hanno fatto in Spagna e Portogallo?

In Italia il problema potrebbe non porsi se la destra estrema vincerà a mani basse.

Chissà, magari ci diranno che non andiamo bene neppure per fare l’opposizione insieme? Guardi, io vengo massacrato perché nel collegio di Bologna chi vota me si ritrova anche Casini all’uninominale.

Non dev’essere facile..

Quando stai in una coalizione lo metti in contro e mi prendo sulle spalle tutte le critiche che mi piovono addosso. Però c’è un limite: pretendo che ci trattino con rispetto e con lealtà. E per fortuna nell’altro collegio emiliano sono collegato a Aboubakar Soumahoro.

Torniamo alla sua convivenza con Casini a Bologna.

Quando mi sono definito «un antidoto a Casini» si è divertito e ha apprezzato. È uno sportivo.

Fa più fatica a convivere con un Pd che vi snobba?

Spero che non sia per la storia del voto utile, per cannibalizzarci. In realtà chi vota noi ferma le destre altrettanto efficacemente rispetto a chi vota Pd. Ricordo agli amici dem che, stando insieme in una coalizione, dobbiamo puntare ad essere complessivamente credibili e non ridicoli. Ma io insisto: si può votare per noi e anche per candidati Pd nei collegi in tutta Italia, un po’ come se fossero ballottaggi per il sindaco. Sempre meglio un dem che uno di Fratelli d’Italia.

Come le è parso il leader Pd dopo tutti questi anni?

Non ci vediamo dal 2014. Ho sempre apprezzato la sua correttezza, anche quando non votavo la fiducia al suo governo. Avercene di figure di sostanza come la sua, anche se spesso non siamo d’accordo: ma la stima ci consente di avere un rapporto dialettico. Per questo spero si rimangi quelle parole su di noi.

E Renzi che effetto le fa?

È stato protagonista di una stagione in cui da leader Pd si è accanito contro la sinistra in ogni sua forma. Una stagione per fortuna finita. Ora sono curioso di vedere quando dura il suo rapporto con Calenda: insieme sono meglio di una serie tv.

Lei ha partecipato all’esperienza di Leu. Ora nella lista rossoverde. Ci sono più speranze oggi di far nascere una forza a sinistra del Pd?

Spero che questa sia l’occasione giusta perché nasca una forza più concreta e stabile. Ma il mio obiettivo è che le battaglie su disuguaglianze e clima contagino tutto il campo del centrosinistra. E in parte è successo.

Letta parla quasi sempre di Orban e dei disastri che farebbe la destra al governo. Condivide questa linea?

Il pericolo c’è e fa bene a denunciarlo. Diciamo che per contrastare la destra servirebbe anche proposta più convinta e meno paludata.

Lei cosa farebbe?

Doserei in modo diverso gli ingredienti. Parlerei molto più di redistribuzione e contro la flat tax, non ho paura di dire la parola patrimoniale sulle grandi ricchezze e successioni.

Letta ha proposto una tassa di successione per dare 10mila euro ai 18 enni.

Non si fa una nuova imposta per dare un bonus, ma per cambiare i rapporti di forza nella società. Così sono nate scuola e sanità pubbliche. E poi il reddito di cittadinanza: non va difeso con timidezza.

Meloni lo vuole abolire e prende voti anche tra i più poveri.

Ha un programma totalmente liberista, ma è lei la presunta novità del momento. Tuttavia non credo molto ai sondaggi: le persone normali non hanno messo realmente la testa sul le elezioni.

Crede nella rimonta?
Ho fatto tante campagne, vinte e perse. Ricordo bene il clima del 1994 e del 2008, l’aria era più pesante rispetto ad oggi.