Quasi centomila. È la stima delle persone accalcate ieri sera di fronte allo yuan legislativo di Taipei, per protestare contro una riforma voluta dall’opposizione e destinata ad ampliare il potere del parlamento. La notizia che domina tg e prime pagine dei media di Taiwan è questa. Può apparire strano, nel secondo giorno delle esercitazioni delle forze armate cinese, per di più dichiaratamente destinate a testare la capacità di “presa del potere” sull’isola. In Cina l’argomento è stato per tutta la giornata il primo trend su Weibo. La maggioranza dell’opinione pubblica taiwanese continua invece a ritenerle una mossa soprattutto politica, per protestare contro l’assertivo discorso di insediamento del nuovo presidente Lai Ching-te. La mancanza di lanci di missili balistici e l’assenza di impatto su aviazione civile e rotte commerciali ha contribuito a mantenere le manovre militari sullo sfondo.

Il clima tra i funzionari di difesa è diverso. L’attenzione è stata altissima per le 48 ore delle operazioni, che ieri hanno visto entrare in azione 62 jet e 27 navi da guerra o della guardia costiera. In 47 casi gli aerei si sono mossi oltre la linea mediana sullo Stretto o all’interno dello spazio di identificazione di difesa aerea taiwanese, ma nessuno ha valicato la soglia delle 24 miglia nautiche che segna l’ingresso nelle acque contigue. Era questo il timore maggiore, perché avrebbe alzato i rischi di un’escalation. C’è stato qualche incontro ravvicinato, ma il velivolo che si è approcciato di più alle coste taiwanesi è arrivato a circa 74 chilometri dal porto settentrionale di Keelung.

Il valore strategico delle esercitazioni è stato comunque alto. Ieri sono stati inscenati finti attacchi missilistici, con jet da combattimento che trasportavano testate vere. Al largo della costa sud orientale di Taiwan, simulati bombardamenti contro navi straniere – un messaggio a Usa e Giappone, che solo da lì potrebbero arrivare in aiuto di Taipei. Per la prima volta impiegata in quell’area anche la guardia costiera, che ha simulato ispezioni di navi civili. Una mossa che rafforza il concetto del giorno precedente: per Pechino lo Stretto è una sorta di “mare interno”, in cui Taiwan si potrebbe ritrovare inglobata un blocco navale. Secondo gli analisti cinesi, le manovre “Spada congiunta 2024A” hanno mostrato la capacità di occupare tutti i passaggi, senza lasciare vie di fuga.

È stato poi pubblicato un video animato di missili lanciati contro città e obiettivi chiave di Taiwan. “Armi sacre per uccidere l’indipendenza”, recita una scritta in rosso dalla valenza più psicologica che strategica. Più significativo l’ingresso di almeno quattro navi della guardia costiera nelle “acque contigue” delle isole minori di Taipei, ma un attacco limitato a Kinmen o Matsu sembra poco probabile: le esercitazioni di questi giorni mostrano che in un ipotetico scenario militare l’obiettivo è di prendere controllo simultaneo di tutta l’area. Compresi i piccoli arcipelaghi, difficilissimi da difendere.

Nei prossimi giorni non si escludono altri scossoni: dovrebbe arrivare a Taipei una delegazione statunitense guidata da Michael McCaul, capo della commissione affari esteri della Camera.