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Chi frena la transizione ecologica non può fare il ministro

Chi frena la transizione ecologica non può  fare il ministroIl ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – LaPresse

Governo La transizione ecologica deve essere giusta socialmente e non lasciare a casa nessuno, ma affinché questo accada va governata, cosa che non sta facendo il ministro

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 21 settembre 2021

L’azione del ministro Cingolani è ormai incompatibile con il raggiungimento degli obiettivi sul clima, la sua comunicazione basata sulla paura e sulla disinformazione, come nel caso bollette, ha tirato il freno alla transizione ecologica nel nostro paese mentre sono stati approvati atti del governo che vanno nella direzione opposta a quella indicata dalla UE. In pochi mesi il ministro Cingolani è riuscito nell’impresa di dire che: «la transizione ecologica sarà un bagno di sangue», «provocherà disoccupati», «farà saltare in aria l’Italia», «l’auto elettrica non è conveniente», «il nucleare va preso in considerazione», «gli ecologisti sono radical chic e sono peggio della catastrofe climatica».

Sul rincaro delle bollette elettriche ha fatto passare l’idea nell’opinione pubblica che l’aumento è causato dalla transizione ecologica, ovvero dal costo della CO2 che le aziende di produzione di energia pagano e ricaricano sul prezzo del gas. In realtà ad incidere sull’aumento delle bollette elettriche è stato il taglio delle forniture di gas naturale da parte della Russia, superpotenza dell’export energetico che arrivavano dal gasdotto Nord Stream 2 molto avversato dagli Usa e dalla Nato. L’azione del governo italiano dovrebbe essere quella di accelerare sulle rinnovabili per mettere al sicuro l’Italia dai conflitti geopolitici legati al controllo degli idrocarburi e abbassare così il costo della bolletta, non di demonizzare la transizione ecologica.

Cingolani si sta facendo portavoce dei gravi ritardi di un pezzo della nostra industria quella petrolifera e automobilistica nel cambiamento verso la transizione ecologica e punta a rallentare l’adozione di misure sulle quali molti paesi europei lavorano già da molti anni come ad esempio la conversione della filiera produttiva automobilistica verso l’elettrico e dell’Eni che punta grazie al ministero della transizione ecologica alla cattura della Co2, con il deposito sotto il mare al largo di Ravenna da mezzo miliardo di metri cubi, che le consentirà di continuare ad estrarre petrolio. Alcuni giorni fa ha detto: «la transizione ecologica non deve essere lenta ma nemmeno veloce». Tranquillo ministro non ci corre dietro nessuno !

Il Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, è coerente con questo scenario perché la mobilità elettrica di fatto non è finanziata, il trasporto pubblico locale dimenticato in quanto solo il 10% di autobus e treni regionali sarà sostituito e sulle rinnovabili si prevedono complessivamente fino al 2026 4,2GW mentre occorrerebbero 6 GW all’anno fino al 2030 per rispettare gli obiettivi sul clima della UE. A proposito di obiettivi è lo stesso Pnrr di Cingolani che afferma che il target di riduzione della Co2, fissato dalla UE al 2030 al 55%, non verrà raggiunto dall’Italia ed infatti in uno studio presentato il 4 settembre scorso dalla fondazione Enel e dal forum Ambrosetti è evidenziato che con le attuali politiche sul clima del governo l’Italia raggiungerà gli obiettivi UE del 2030 con 29 anni di ritardo facendo venire meno investimenti per 424 miliardi di euro. La transizione ecologica deve essere giusta socialmente e non lasciare a casa nessuno, ma affinché questo accada va governata, cosa che non sta facendo il ministro.

L’Europa ha messo a disposizione un’imponente quantità di risorse tra cui il just transition fund e il fondo sociale per il clima da 72 miliardi di euro, ma di questo Cingolani non parla. Le crisi industriali vanno anticipate e governate. Il settore della componentistica auto legate ai motori a benzina e diesel va aiutato e accompagnato, usando i fondi UE, verso la trasformazione all’elettrico tutelando così i posti di lavoro. Il 24 settembre in migliaia di città in tutto il mondo si terrà lo sciopero globale per il clima indetto dal movimento per la giustizia climatica dei Fridays for Future e alcuni giorni dopo inizieranno a Milano i lavori preparatori della Cop26 che si svolgerà a Glasgow. E’ l’occasione affinché dalle piazze italiane arrivi un messaggio chiaro al governo: non abbiamo tempo da perdere si lavori alla transizione ecologica e a guidarla ci vada chi ci crede e non chi parla di bagno di sangue, perché a far paura sono i 50 gradi a Siracusa, le alluvioni, la siccità e lo smog.

L’autrice e l’autore sono co-portavoci nazionali di Europa Verde-Verdi

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