Che può fare il diritto penale internazionale
Di fronte ad una invasione militare, sembra proprio che le armi del diritto siano spuntate se non addirittura ridicole. Mentre si spara casa per casa, e si mette in stato d’allerta l’arsenale nucleare, ha senso ricordare che l’invasione infrange le norme del diritto internazionale?
Eppure, chi non è chiamato a sparare non può far altro che ricercare altri strumenti che siano allo stesso tempo dissuasivi e repressivi. È con questo spirito che il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) Karim A.A. Khan ha deciso di aprire una indagine per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nel conflitto in Ucraina. La competenza della Cpi, è bene ricordarlo, non riguarda i crimini commessi dagli stati, bensì le responsabilità penali individuali. Sul banco degli imputati, quindi, non ci finirebbe lo stato russo ma gli individui che hanno deciso di combattere la guerra. La stessa Cpi, istituita nel 1998, è stata salutata per la possibilità che offriva di non punire interi popoli per i misfatti compiuti dai propri governi, bensì di calibrare la sanzione nei confronti degli effettivi responsabili.
Purtroppo, tutto il discorso sulla giustizia penale internazionale è anch’esso stato viziato dalla legge del più forte. I crimini di guerra sono continuati mentre i processi sono stati pochi, tardivi e selettivi. Alla sbarra e in cella sono finiti una manciata di governanti, e tutti dopo che erano stati ampiamente sconfitti sul campo di battaglia. È quindi lecito chiedersi se in una situazione di guerra serva veramente aprire le indagini penali.
La Cpi opera con competenze molto ristrette: né la Russia né l’Ucraina hanno firmato il trattato istitutivo della Corte. Ne è pienamente consapevole Khan che però, visto che l’Ucraina ha già accettato la sua giurisdizione per i precedenti conflitti in Crimea e nel Donbass, ha comunque deciso di aprire l’indagine.
Sapere che una indagine è in corso può essere un deterrente: non per evitare il crimine della guerra, ma almeno per limitare i crimini di guerra. L’Ucraina ha già denunciato l’uso da parte dell’Esercito russo di armi vietate dalle norme internazionali, quali le bombe a grappolo e le bombe a vuoto. Non solo, ma i colpi indirizzati nei confronti di obiettivi e della popolazione civile sono crimini di guerra e possono essere denunciati sia la leadership russa che i singoli comandanti militari.
Non sappiamo come evolverà il conflitto. Esso potrebbe perdurare e, vista la prossimità culturale e linguistica tra le forze di occupazione e la popolazione locale, la violenza potrebbe degenerare, come è accaduto un quarto di secolo fa nei Balcani. Fu proprio di fronte a quelle atrocità che una comunità internazionale indecisa sul da farsi si lavò la coscienza istituendo il primo tribunale penale internazionale dopo quello di Norimberga, un tribunale che ha continuato ad operare per decenni dopo che finalmente i fucili e i cannoni avevano smesso di sparare. Furono molti a lamentare che, se quel tribunale fosse stato istituito prima, forse sarebbe stato capace di esercitare un minimo di dissuasione.
Oggi il tribunale c’è e anche se gli stati più importanti del mondo – Stati uniti, Russia, Cina, India, Israele – non ne fanno parte, lo si può usare come dissuasore. È quindi necessario sostenere l’azione del Procuratore Kahn, il quale ha ricordato che qualsiasi dei 123 stati membri della Cpi possono rafforzare il suo operato qualora deferissero la guerra in Ucraina alla sua attenzione. È una azione concreta che l’Italia – la nazione paladina della Cpi, e che per tale ragione ha ottenuto che il trattato istitutivo fosse firmato proprio a Roma il 17 luglio 1998 – può oggi fare.
Meglio ancora se insieme a tutti gli altri membri dell’Unione europea e la Gran Bretagna. Sarebbe un segnale politico che testimonierebbe alle parti che qualsiasi reato compiuto potrà in futuro essere oggetto di procedimento penale. L’ufficio del Procuratore ha reso disponibile un proprio indirizzo email, otp.informationdesk@icc-cpi.int , al quale si possono inviare le segnalazioni relative alle violazioni del diritto di guerra, con tanto di foto dei reparti e dei loro comandanti. È una iniziativa concreta che le organizzazioni non governative dovrebbero immediatamente sfruttare per raccogliere sistematicamente le informazioni sulle atrocità commesse.
* Co-autore di ’Delitto e castigo nella società globale’, Castelvecchi.
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