Sul premierato la maggioranza ha le idee chiarissime. Anzi confuse, tanto da decidere di far slittare di qualche giorno il temine per presentare gli emendamenti in commissione Affari costituzionali del Senato. Non si tratta di una contraddizione, nel senso che le idee sono politicamente molto chiare sul fatto che una riforma con l’elezione diretta del premier si farà, ed è l’unica cosa certa; tuttavia c’è invece ancora confusione su tutto il resto del ddl di riforma Casellati, che verrà cambiato profondamente, sebbene in modi su cui c’è tuttora nebbia.

In ogni caso ieri si è conclusa in Commissione la discussione generale sulla riforma, e si è anche svolto una riunione di Fdi, mentre stamattina ci saranno le repliche del relatore, e presidente della Commissione, Alberto Balboni, e della ministra Casellati; seguirà un vertice di maggioranza proprio in vista degli emendamenti che, è stato ribadito, saranno comuni a tutta la maggioranza. Questi dovranno essere depositati il 31 gennaio e non più il 29. Significative sono anche le riflessioni che le opposizioni stanno cominciando a fare, visto che la loro idea è di presentare non solo emendamenti singoli al ddl Casellati ma anche una proposta alternativa complessiva, in sostanza il cancellierato alla tedesca. Si tratta di un percorso fondamentale visto che la maggioranza sembra voler correre verso il referendum e sarà fondamentale presentarsi nel dibattito pubblico con una proposta alternativa e non come sostenitori dello status quo.

La redazione consiglia:
Tricolori contro la secessione. Il Senato dice sì all’autonomia

I diversi interventi della maggioranza durante tutta la discussione generale (i capigruppo in Commissione Marco Lisei di Fdi, Mario Occhiuto di Fi, Paolo Tosato, oltre ad Andrea De Priamo, anch’egli meloniano) e Balboni in un importante convegno alla Sapienza con alcuni costituzionalisti lo scorso giovedì, hanno spiegato che il ddl Casellati sarà riscritto, ma di certo rimarrà l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Questo è un elemento da tener presente da parte di chi, anche nella parte riformista del Pd e nel mondo accademico, si illude che se dopo le elezioni Europee del 9 giugno ci saranno scossoni politici (sia a destra che a sinistra), il centrodestra possa riaprire il confronto sulle riforme, su una soluzione che mantenga il regime della Repubblica parlamentare. L’elezione diretta è una bandiera, ed è «irrinunciabile»; il resto è intendenza e, come diceva De Gaulle, «suivra», seguirà. Vista questa impostazione il centrodestra sta ragionando sulle indicazioni di alcuni giuristi che, favorevoli all’elezione diretta del premier, hanno segnalato alcuni svarioni.

Il primo punto su cui si sta ragionando è quello che rende addirittura incostituzionale il ddl Casellati: si tratta della previsione che l’elezione del Parlamento sia «trainata» da quella diretta del premier, con conseguente fine della separazione dei poteri. Certamente verrà tolto dal testo l’indicazione di un premio di maggioranza del 55%, per mantenere solo il principio, ma si sta esaminando anche la possibilità di inserire una forma per separare relativamente l’elezione diretta del premier e l’elezione del Parlamento, pur mantenendo collegati i due momenti. Questa soluzione, tuttavia, implicherebbe che il premier debba essere eletto con una maggioranza del 50% dei consensi, con il ricorso a un secondo turno se tale quorum non viene raggiunto nel primo, scenario che non piace a Lega e Fi. Il vantaggio di tale soluzione sarebbe che nella legge elettorale si potrebbe inserire l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione che raggiunge una soglia relativamente bassa, come quella del 40%, indicata nella sentenza 1/2014 della Corte costituzionale, non rischiando l’illegittimità complessiva delle norme.

Questa sarebbe la modifica più sostanziosa. In subordine, se non verranno ascoltati i giuristi (come sembra probabile), si manterrà il meccanismo previsto dal ddl Casellati, espungendo solo l’indicazione della cifra del 55%. Balboni ha annunciato al termine della riunione di Fdi che presenterà sette emendamenti a nome di tutta la maggioranza: Verrà limata o abrogata la norma antiribaltone (limitandola al solo decesso o anche alla rinuncia del premier?), proposto un limite di due mandati per il candidato premier e rafforzati i poteri del premier. Ancora in alto mare il tema della fiducia all’inizio di legislatura al governo: tale meccanismo, voluto dalla Lega, permette ai partiti della coalizione di contrattare con il premier eletto sulla squadra di governo. Ed è questo il punto su cui la maggioranza si confronterà nel vertice di oggi.