La prima lettera di 900 famiglie di soldati israeliani, inviata al ministro della difesa Gallant e al capo di stato maggiore Halevi, risale a metà maggio. Nella missiva chiedevano di non procedere con l’offensiva terrestre su Rafah, definendola «una trappola mortale». Alcuni dei firmatari, parlando con la stampa, si erano detti d’accordo con l’offensiva contro Gaza, va bene andare avanti ma a Rafah no perché, spiegavano, Hamas è organizzato.

Nessun riferimento al milione e mezzo di sfollati palestinesi che in quei giorni erano ammassati a sud. Ora in una nuova lettera centinaia di genitori chiedono invece di fermare l’offensiva.

Di nuovo, non per ragioni umanitarie o intenzioni pacifiste, ma per salvare la vita dei figli soldati: lamentano la decisione della Knesset di far avanzare l’approvazione della legge che esenta gli ultraortodossi dall’esercito e accusano l’esecutivo di «tradire i cittadini, dando via le vite dei nostri figli ma salvando quelle di altri per calcolo politico». «Diciamo ai nostri figli – scrivono – di smettere di combattere subito, abbassare le armi e tornare a casa».