Caso Arfaoui: la procura indaga in silenzio, Salvini straparla
Morto in manette La vedova di Arefet Arfaoui sarà assistita dai legali dell'associazione Acad contro gli abusi in divisa, all'autopsia anche un consulente di parte civile. Luigi Manconi chiede indagini tempestive e accurate, ma il titolare del Viminale ha già la verità in tasca. Scettici sulla volontà di dare verità e giustizia i familiari di altre vittime di Stato, botta e risposta fra l'avvocato Anselmo e il capo della polizia Gabrielli.
Morto in manette La vedova di Arefet Arfaoui sarà assistita dai legali dell'associazione Acad contro gli abusi in divisa, all'autopsia anche un consulente di parte civile. Luigi Manconi chiede indagini tempestive e accurate, ma il titolare del Viminale ha già la verità in tasca. Scettici sulla volontà di dare verità e giustizia i familiari di altre vittime di Stato, botta e risposta fra l'avvocato Anselmo e il capo della polizia Gabrielli.
Ci sarà anche un consulente tecnico di parte civile all’autopsia in programma domani sul corpo di Arefet Arfaoui, il giovane italiano di origine tunisina morto giovedì all’interno di un negozio di alimentari e money transfer nel centro di Empoli, dopo che era stato ammanettato, e con i piedi legati da una corda, nelle pieghe di un fermo di polizia. A far sapere che i familiari della vittima si sono rivolti a un legale è stata l’associazione contro gli abusi in divisa Acad, che ha avuto il nulla osta della vedova italiana di Arfaoui perché un avvocato accerti che non ci siano stati abusi e violenze. Al tempo stesso la donna ha chiesto a tutti un giustificato riserbo.
L’autopsia è attesa anche dalla pm Christine Von Borries della procura di Firenze, che da sostituto di turno era andata subito ad Empoli e aveva ascoltato le prime dichiarazioni dei quattro agenti intervenuti, dei sanitari che avevano cercato di soccorrere il giovane, e dei testimoni sia dentro che fuori il negozio di via Ferrucci, il Taj Mahal. Con Von Borries anche la polizia scientifica, incaricata di “congelare” lo scenario della morte di Arfaoui.
Per il momento l’indagine aperta dalla magistratura con l’ipotesi di reato di omicidio colposo resta a carico di ignoti. Anche ieri sia in procura che negli uffici della squadra mobile il lavoro è andato avanti, e sono state analizzate le testimonianze di almeno quindici persone tra agenti, medici e sanitari del 118, clienti di quella sera al Taj Mahal e negozianti vicini. I poliziotti, in forza al commissariato di Empoli e con una lunga anzianità di servizio, sono stati interrogati in procura da Von Borries, le loro versioni sarebbero concordanti.
Anche la prima visione dei filmati delle telecamere interne ed esterne al negozio non avrebbe offerto novità. I filmati saranno comunque esaminati anche da un consulente della procura. Non ci sono peraltro filmati su quanto accaduto nel retrobottega del negozio, dove Arfaoui era stato prima perquisito, poi dopo alcune decine di minuti bloccato dagli agenti, e infine colto dal malore. Prima, o forse nel corso dell’intervento dei sanitari.
Una richiesta di svolgere indagini tempestive e accurate arriva da Luigi Manconi. “La vittima aveva, oltre che le manette, le caviglie legate, e si trovava in una condizione di totale incapacità di recare danno ad altri e a sé. Come è potuto accadere che in quello stato abbia perso la vita, e che non sia trovato modo di prestargli soccorso?”. Ancora: “Non si può consentire che vi siano dubbi sulla legittimità di un fermo o sulle modalità della sua applicazione. Tanto più qualora riguardi chi si trovasse, secondo testimoni, in uno stato di agitazione dovuto all’abuso di alcol, e tanto più che, negli ultimi dieci anni, sono state numerose le circostanze che hanno visto perdere la vita persone fermate in condizioni simili e con metodi analoghi. Peraltro, c’è qualche testimone che parla di una condizione di relativa calma del giovane tunisino”.
Sulla tragedia continua a distinguersi il titolare del Viminale, Matteo Salvini, con parole (“Se i poliziotti non possono usare le manette, che fanno, offrono cappuccio e brioche?”) e dirette facebook in divisa, di fronte alle quali i Radicali italiani reagiscono: “Le sentenze le fanno i tribunali, lo ricordiamo al ministro: i suoi tweet non sostituiscono indagini, referti medici, e decisioni dei giudici. Soprattutto su una questione così delicata, nel paese di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e altri morti per mano dello Stato”.
Scettici sulle indagini sono appunto i familiari di altre vittime: da Ilaria Cucchi alla mamma di Federico Aldrovandi, passando per Guido Magherini e Lucia Uva.
Dopo un botta e risposta con l’avvocato Fabio Anselmo, ancora (giustamente, ndr) scandalizzato dal colpo di spugna della Cassazione sull’omicidio di Riccardo Magherini, il capo della polizia Franco Gabrielli ha voluto puntualizzare: “Io rispetto le vittime e i loro familiari, chiedo che analogo rispetto sia riferito a uomini e donne che lavorano per riaffermare la legalità”.
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