La già abbastanza surreale vicenda del divieto italiano alla carne coltivata – il governo ha deciso di mettere preventivamente fuori legge qualcosa che ancora non è lecito, sapendo però che se l’Unione europea dovesse in futuro autorizzarlo il divieto dovrebbe cadere – si arricchisce di un nuovo passaggio inedito.

Il presidente della Repubblica malgrado alcune indiscrezioni facessero prevedere una sua freddezza, o più probabilmente proprio in virtù di questa freddezza, ha promulgato ieri il la legge tenacemente voluta dal governo e in particolare dal ministro sovranista alimentare Lollobrigida. Ma il Quirinale ha preteso che il governo aggiungesse una precisazione alla legge, quasi un post it attaccato sul testo che però in Gazzetta ufficiale oggi non si potrà leggere. In quel post it c’è scritto che la legge cambierà se l’Europa lo chiederà.

Ricostruiamo i fatti. Il governo, quando aveva deciso di imbarcarsi nel divieto per la carne coltivata, assecondando la richiesta della Coldiretti, aveva dovuto avviare la cosiddetta procedura Tris che, come da spiegazione della Ue, è il sistema di informazione sulle regolamentazioni tecniche che mira a prevenire l’insorgenza di ostacoli nel mercato interno. In pratica un governo sottopone il suo progetto di legge al giudizio dell’Unione, degli Stati membri e anche delle parti interessate (come le associazioni).

Tra la prima e la seconda lettura, però, il governo evidentemente prevedendo un esito negativo della procedura l’aveva interrotta. Il disegno di legge è stato poi approvato definitivamente e con appena un po’ di suspense promulgato da Mattarella. Cos’è successo tra la trasmissione del testo al Colle e la firma? Lo spiega il comunicato del Quirinale con il quale si dà notizia della decisione del presidente di promulgare ugualmente la legge. «Il governo ha trasmesso il provvedimento accompagnandolo con una lettera con cui si è data notizia dell’avvenuta notifica del disegno di legge alla commissione europea e con l’impegno a conformarsi a eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla commissione nell’ambito della procedura di notifica».

Dunque se con la mano destra il governo spinge la sua legge che vuole fare dell’Italia «un esempio per le altre nazioni europee», come da enfatica dichiarazione del ministro Lollobrigida, con la sinistra mentre gli elettori non vedono si impegna a cambiarla quando sbatterà contro le indicazioni della Commissione a tutela del mercato unico. Tant’è vero che proprio con data 1 dicembre 2023 – ieri – risulta che il governo italiano abbia riaperto la procedura Tris. Una condizione che il Quirinale deve aver tenuto ben presente prima di promulgare. Proprio Lollobrigida, notoriamente non accortissimo, lo fa capire quando si precipita a festeggiare «la puntuale promulgazione della legge da parte del presidente della Repubblica, che ringrazio».

Promulgazione condizionata da impegni che aggiunge una nuova casistica alle firme del Quirinale. In passato di fronte a rilievi non tali da convincere il capo dello stato a non firmare una legge (e a chiedere una nuova deliberazione del parlamento), ci sono stati casi di firme accompagnate da lettere al governo e ai presidenti di senato e camera contenenti precisazioni e moniti. In questo caso la lettera ha dovuto scriverla il governo. Ma questo non conta per la maggioranza. Meloni si appunta la medaglia del divieto nel suo intervento alla Cop 28 di Dubai. «La promulgazione del Colle è un’altra plateale sconfitta della sinistra», festeggia Foti di FdI. Mentre il segretario di +Europa Magi guarda avanti e avverte che «l’Ue sanzionerà l’Italia e tutti i cittadini pagheranno la miopia dell’esecutivo».