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Carceri, appello pro riforma. Fico rompe il fronte M5S- Lega

Carceri, appello pro riforma. Fico rompe il fronte M5S- LegaIl presidente della Camera, Roberto Fico

Ordinamento penitenziario Il presidente della Camera chiede ai capigruppo di assegnare il decreto legislativo alla Commissione speciale

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 18 aprile 2018

Coerente con l’obiettivo di ridare nuova centralità al Parlamento, dichiarato nel suo discorso di insediamento, il presidente della Camera Roberto Fico ha chiesto ieri ai gruppi parlamentari di ripensarci, sulla riforma dell’ordinamento penitenziario, permettendo alla Commissione speciale di Montecitorio di esprimere un parere sul testo del primo decreto legislativo licenziato dal Consiglio dei ministri il 16 marzo scorso. Una pausa di «riflessione» che Fico ha auspicato «sulla base delle notazioni del Garante nazionale dei detenuti». E il garante Mauro Palma lo ha ringraziato, soddisfatto di aver aperto un «corretto dialogo» tra istituzioni.

IL PARERE DELLA COMMISSIONE non è vincolante per il governo che, attesi dieci giorni dal momento in cui ha trasmesso gli atti alla Camera, può in ogni caso dare il via libera definitivo alla norma che ridisegna dopo 40 anni il profilo dell’esecuzione penale, secondo la delega ricevuta dal parlamento il 23 giugno 2017. Finora però l’esecutivo non aveva potuto neppure trasmetterli, quegli atti, perché la conferenza dei capigruppo di Montecitorio aveva deciso di escludere la riforma dal novero dei provvedimenti di cui si potrà occupare la Commissione speciale. Ora la porta potrebbe riaprirsi.

Una mossa, quella del presidente pentastellato, per certi versi inattesa, perché rompe fragorosamente l’asse di intesa con la Lega sulla questione carceri. Il M5S infatti è stato finora in prima fila, insieme a quasi tutta la coalizione di centrodestra (esclusa solo una parte di Forza Italia), nell’ostruzionismo alla riforma dell’ordinamento penitenziario messa a punto, dopo le condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo, da oltre duecento esperti chiamati al lavoro dal ministro Andrea Orlando nell’arco di una lunga stagione riformatrice iniziata nel 2015 con gli «Stati generali dell’esecuzione penale». Tanto contrario, il M5S, che il suo candidato ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva accolto il decreto attuativo approvato dal governo Gentiloni con le stesse parole di Salvini, gridando all’«affronto che non può essere accettato» e promettendo di farne carta straccia.

EPPURE IERI QUALCOSA deve essersi mosso, tra i grillini (qualcuno ipotizza perfino un intervento del presidente Sergio Mattarella). Perché, dopo l’appello di Fico, anche il senatore Vito Crimi, che ora presiede la Commissione speciale di Palazzo Madama, ha mostrato segni di apertura dicendosi disposto a inserire immediatamente nell’ordine del giorno dei lavori il decreto legislativo, qualora venisse assegnato al Senato come richiesto ieri dal Pd. Una presa di posizione, questa del M5S, che ha stranamente ammutolito perfino il centrodestra, dal quale ieri non si solo levate le solite grida di allarme contro il così chiamato «svuota-carceri». Forse, a consigliare un atteggiamento più riflessivo da parte di tutte le forze politiche deve essere stato anche il monito dell’Associazione nazionale magistrati che in una nota ha auspicato di vedere «al più presto ripreso e completato l’iter legislativo» della riforma, con un «testo definitivo che tenga conto della necessità dello stanziamento di adeguate risorse per la sua attuazione e dei rilievi critici già più volte evidenziati».

IL GUARDASIGILLI ORLANDO se n’è rallegrato: «Ho molto apprezzato l’appello del Presidente della Camera perché credo che sia un provvedimento assolutamente urgente – ha detto dai microfoni di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora – Noi abbiamo lavorato per questa riforma che serve ad abbattere la recidiva, serve quindi a creare più sicurezza, ma anche a far fronte, sulla base di criteri oggettivi, al rischio di sovraffollamento e al rischio di condanne della Corte di Strasburgo nei confronti del nostro Paese».

Più tardi, in Transatlantico, il ministro ha poi spiegato che se l’appello di Fico non venisse ascoltato, con il conseguente affossamento del decreto legislativo, «non c’è il rischio di scadenza della delega per la riforma delle Carceri (che scade ad agosto), ma c’è il rischio di svuotamento del provvedimento». E si è riproposto di «verificare la posizione dei vertici istituzionali», in particolare del presidente Mattarella che, dice, «ha sempre mostrato grandissima attenzione su questi temi».

Sul ruolo del capo dello Stato, la ministra dei Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, spiega: «Il presidente Fico è stato molto chiaro – ha riferito a Radio Radicale – ha ricordato che il governo aveva insistito per l’assegnazione di questi due decreti legislativi all’esame della commissione speciale, ha annunciato di avere ricevuto una nota dalle Camere Penali nella quale si faceva riferimento ad una astensione dall’udienza come forma di protesta in ragione della mancata assegnazione alla commissione speciale dei decreti legislativi e ha riferito che lo stesso Presidente della Repubblica aveva chiesto notizie sull’andamento dei lavori».

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