Che l’emergenza Coronavirus in Italia abbia ridotto alla fame una fetta di popolazione il cui equilibrio economico era già estremamente precario prima della pandemia, è un dato che si fa ogni giorno più evidente ai nostri occhi anche senza il supporto delle statistiche (a Roma, per esempio, le richieste di cibo alla Caritas da parte delle famiglie è più che raddoppiata nell’ultimo mese, e di homeless in strada ce n’è sempre di più). Nascosta alla nostra visuale è invece la povertà di una parte della popolazione detenuta che, non potendo più ricevere sostegno esterno, sia per il blocco delle visite e dei pacchi di famigliari e volontari, sia per l’impoverimento generalizzato, è ridotta allo stremo.

«Al 18 aprile erano 299 i detenuti e le detenute di Sollicciano con meno di un euro al giorno disponibile sul conto corrente interno – denuncia la Comunità delle Piagge di Firenze che da 25 anni si occupa della popolazione penitenziaria – cifra irrisoria che li priva della possibilità di provvedere ai loro bisogni fondamentali: vestiario, effetti personali e tutto quanto esula dalla mera sopravvivenza. Una situazione aggravata dalla sospensione, causa Coronavirus, di ogni spazio di scambio, di incontro e di lavoro, dalla chiusura dei colloqui e dall’assenza dei contributi come cibo, vestiti ed effetti personali che normalmente arrivano dalle famiglie o dagli esterni». La Comunità delle Piagge ha avviato una raccolta fondi, destinando una dotazione iniziale di 3 mila euro.

ANCHE IL DIPARTIMENTO di amministrazione penitenziaria ha avviato una «colletta» all’interno delle carceri, ma in questo caso per dare una mano a chi, fuori, non ce la fa. Spesso però sono le stesse famiglie dei detenuti, a chiedere una mano. «Nel solo mese di marzo c’è stato un incremento del 30% delle richieste di aiuto relative a generi di prima necessità», ha spiegato il Dap avviando, per la prima volta su tutto il territorio nazionale, una collaborazione con la Fondazione Banco alimentare onlus per raccogliere beni alimentari in tutti le carceri. Il Dipartimento ha invitato «ogni istituto a promuovere una colletta alimentare mediante il sistema del sopravvitto, attraverso il quale i detenuti possono destinare volontariamente al Banco alimentare una parte della loro spesa settimanale». A Milano Bollate sono stati già raccolti 250 chili di alimenti da destinare alle famiglie più indigenti.

VICEVERSA, FUORI le mura, le famiglie dei detenuti sono in apprensione per la salute dei loro congiunti. Va detto che finora le misure di prevenzione e di contenimento dell’epidemia, adottate soprattutto dalla magistratura che in questo periodo ha ridotto al minimo il ricorso al carcere, sembrano tenere. Perché su 54.510 detenuti (il dato è di ieri; dall’inizio della pandemia sono state scarcerate 2 mila persone circa) distribuiti in meno di 47 mila posti, i numeri del contagio sono ancora contenuti. Preoccupano soprattutto alcuni focolai, come quello che si è sviluppato nel carcere di Torino, dove della sessantina di malati sono rimasti ora in cella 38 reclusi positivi al tampone, e nell’istituto penitenziario di Verona che attualmente conta 31 pazienti Covid. Ma, come ha avvertito ieri il provveditorato agli istituti di pena di Emilia Romagna e Marche dove sono circa 17 i positivi Covid, «il rischio di diffusione incontrollata del virus rimane altissimo».

Ecco perché all’appello promosso dal Partito Radicale e da Nessuno tocchi Caino per chiedere alle istituzioni europee (Parlamento, Commissione, Consiglio) di promuovere l’amnistia, al fine di fronteggiare la pandemia nelle carceri, hanno risposto già 54 personalità di 14 Paesi europei.

TRA LORO CI SONO anche molti Garanti nazionali dei diritti dei detenuti, quelle figure istituzionali che in Italia sono prese di mira da alcuni sindacati di polizia penitenziari,a senza che nessuno delle altre istituzioni preposte abbia nulla da ridire. L’Unione Camere penali ieri ha chiesto al capo del Dap, Basentini, e al ministro di Giustizia, Bonafede, di prendere le distanze da quelle «gravissime affermazioni», «contenute nei comunicati stampa di alcune sigle sindacali della Polizia penitenziaria», relative agli interventi dell’Ufficio del Garante nazionale e del Garante regionale della Campania, «a seguito delle denunciate percosse ai detenuti, che sarebbero avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere».