«La cannabis medica tornerà in tutte le farmacie? Bene, i malati di tutta Italia saranno felici certo, ma tanto io i soldi per comprarla non ce li ho». Ugo, 40 anni, è uno dei tanti pazienti che non possono accedere alle cure a base di cannabis terapeutica.

IL MOTIVO È MOLTO SEMPLICE: non tutte le Regioni garantiscono a chi ne ha bisogno le cure gratuite. E così, dopo la soddisfazione dovuta ai recenti annunci della ministra della sanità Giulia Grillo («compreremo altri 250 kg di prodotto dai Paesi Bassi»), tutti sono ritornati con i piedi per terra. Perché se è vero che con gli sforzi del Ministero le farmacie dovrebbero evitare nel futuro di non poter rifornire i malati armati di regolare ricetta – come successo a gennaio e nel 2017 -, è anche vero che sono centinaia in Italia le persone che, anche con la prescrizione del medico in mano, alla tanto agognata cannabis terapeutica non potrebbero comunque mai arrivarci. Perché, molto semplicemente, non possono permettersela.

Capita al signor Ugo, con una grave patologia circolatoria, e così a tanti altri. C’è chi si espone, e sono pochi, tanti altri per pudore e dignità non vogliono esporsi. Chi ci mette la faccia racconta sempre la stessa storia, dal Trentino alla Sicilia.

«Ho una fibromilagia che mi impedisce di lavorare e per tenere sotto controllo i sintomi tra cui il dolore acuto avrei bisogno della cannabis, ma per avere la cannabis dovrei lavorare. E’ un cane che si morde la coda», spiega la signora Debora Minutella, 49 anni della provincia di Trento. Situazione simile per Simona Pagano, trentenne messinese con una diagnosi di artrite psoriasica. Simona per seguire la terapia a base di cannabis medica dovrebbe spendere circa 400 euro al mese. «In famiglia abbiamo un solo stipendio e dobbiamo mantenere nostra figlia», spiega. Il risultato, spesso, sono terapie interrotte, il dolore che si rifà sotto e con lui la stanchezza, l’insonnia e la mancanza di appetito. Oppure la cannabis medica che dovrebbe durare un mese la si fa durare un mese e mezzo, o due, a seconda dei soldi disponibili per l’acquisto e della capacità di sopportazione del dolore.

«E dire che c’è una legge nazionale chiara, purtroppo per il momento nessuna Regione la sta applicando davvero», dice Simonetta Biavati, portavoce del Comitato pazienti cannabis medica. La legge a cui fa riferimento Biavati è la n. 172 del 4 dicembre 2017 con il suo articolo 18 quater, una sorta di miraggio per i malati italiani. Al comma 6 si dice chiaramente che per «la terapia contro il dolore» e per una serie di altri casi «la cannabis sarà a carico del Servizio Sanitario Nazionale». Ma al momento nessuna Regione si è preoccupata di reagire alle indicazioni nazionali e così la situazione resta a macchia di leopardo.

Ci sono le Regioni che hanno approvato un proprio testo (Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria, Emilia-Romagna e Lombardia), ma le varie leggi sono disomogenee e a volte con lacune e gravi problemi, e così ogni paziente ha diritti e possibilità differenti a seconda della sua residenza. Non va benissimo in Lombardia (che con i suoi 10 milioni di abitanti fa da sola un sesto della popolazione italiana), senza una legge che permetta di curarsi gratuitamente se non passando prima dagli ospedali. Situazione simile in Sicilia. Il Comitato Pazienti Cannabis Medica segnala grandi difficoltà per i pazienti di Marche, Abruzzo e Veneto. In Emilia-Romagna, invece, le cose sembrano funzionare bene.

Claudia Facchinetti ha 50 anni ed è di Bologna. Per anni ha dovuto affrontare la sclerosi multipla (e altre patologie) con terapie a base di farmaci tradizionali. Nulla di risolutivo, un calvario di dolore durato tre anni. «Poi con l’aiuto di uno specialista e del mio medico di base che si è informato assieme a me – racconta – ho iniziato una terapia a base di cannabis terapeutica e ora posso vivere degnamente». Il che vuol dire, per persone a volte costrette dal dolore a rimanere per giorni a letto, mangiare e dormire quanto più normalmente possibile, e la possibilità magari di cercare di nuovo un lavoro.

PER CLAUDIA, la decisione della ministro Grillo di comprare altri quantitativi di cannabis medica dall’Olanda è un’ottima notizia perché, spiega, «in Emilia-Romagna la Regione ha già provveduto tempo fa con una sua legge, non devo pagare nulla e mi devo solo preoccupare di trovare una farmacia con il prodotto». Cosa non semplice visto che nelle farmacie dell’Emilia-Romagna l’anno scorso si sono visti pellegrinaggi da un po’ tutta Italia.

UNO DEI PROBLEMI, segnalano i pazienti, è proprio la produzione interna che lo Stato ha affidato all’Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze e che, al momento, non è assolutamente in grado di fare fronte alle crescenti richieste. Da qui l’esigenza di acquistare all’estero.

Ma non ci sono solo questioni legate all’armonizzazione delle varie legislazioni regionali. All’orizzonte c’è un problema politico pronto ad esplodere da un momento all’altro. Se l’anima pentastellata del governo è favorevole alle esigenze dei malati, e la Ministra Grillo nei giorni scorsi lo ha dimostrato scrivendo direttamente al Comitato dei pazienti, a preparare le barricate è la Lega di Salvini. Non c’è solo il ministro Lorenzo Fontana, che si occuperà di cannabis ma dal punto di vista repressivo. Sono tanti i segnali che dicono che tra i salviniani la cannabis è vista come una droga alla stregua dell’eroina. Lunedì a Piacenza lo ha dimostrato un’iniziativa a trazione leghista, più che un convegno una fake news dal titolo «L’erba della morte, la cannabis».

A partecipare anche il senatore del Carroccio Simone Pillon, capogruppo in Commissione giustizia. Le argomentazioni proibizioniste sono state contestate da 200 persone e da un sit-in, ma Pillon ha messo le cose in chiaro: «I profeti sinistri – ha scritto il senatore – vorrebbero chiudere i nostri giovani nei cessi dei centri sociali a fumarsi le canne. Noi vogliamo che i ragazzi e le ragazze tornino a godersi le nostre splendide città».

CANNABIS A USO RICREATIVO quella presa di mira da Pillon, diversa da quella medica della ministra della salute M5s Giulia Grillo. Ma come possano coesistere sotto lo stesso governo due approcci così differenti sul tema, resta davvero difficile da capire.