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Candidati, Meloni pigliatutto Forza Italia resta senza star

Candidati, Meloni pigliatutto Forza Italia resta senza starPresidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati – LaPresse

Equilibri elettorali Nella spartizione del bottino FdI farà la parte del leone. Previsioni grame per gli azzurri

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 20 agosto 2022

In via della Scrofa,alto comando meloniano, sono distesi che più distesi non si può. I tre addetti alle candidature, Lollobrigida, La Russa e Donzelli, buttano giù i nomi per tutto il giorno, in attesa che in serata arrivino gli alleati per il passaggio finale. I 58 seggi che avevano a disposizione raddoppieranno nonostante il taglio dei parlamentari: ce n’è per tutti. Nella spartizione del bottino, FdI farà la parte del leone e stando agli ultimi sondaggi non si tratta di un’esagerazione: lo stacco rispetto alla Lega sarebbe di 10 di punti e di una quindicina almeno rispetto a Fi. Un rapporto di forze troppo netto perché si creino tra i partiti fibrillazioni, confinate invece nei singoli partiti.

IL CLIMA È IN EFFETTI opposto nel quartier generale azzurro: qui le previsioni sono ben più grame. Nei collegi dovranno combattere anche i veterani come Gasparri, che sta nella sua Roma ma senza certezze, e non è contenta neppure la seconda cittadina dello Stato, Elisabetta Casellati, che si sentiva a casa solo nel Veneto ma nelle liste della sua regione non c’era posto. Silvio, si sa, sarà mattatore sul circuito di Monza ma rientrerà nel parlamento italiano anche il suo portavoce di fatto, Antonio Tajani, Camera nel Lazio. Licia Ronzulli è inamovibile e figurarsi poi Marta Fascina, la fidanzatissima. Spostata alla guida della lista plurinominale con poche chance di elezione, invece, Anna Elsa Tartaglione, già miss Molise: bisognava far posto al centrista Cesa, mentre Brugnaro sarà nell’uninominale nella sua Venezia. Anche se, stando ai sondaggi, le quattro formazioni centriste assiepate in lista unica, quarta e sbilenca gamba del tavolo della destra, rischiano di non passare la soglia di sbarramento.

POCHI I NOMI di richiamo, star e acchiappavoti, nelle liste azzurre dove un tempo proliferavano. Le uniche candidature di richiamo dovrebbero essere quella del presidente della Lazio Claudio Lotito, ma non è un novellino neanche lui, e quella della campionessa di fioretto Valentina Vezzali, capolista nelle Marche. In compenso sono parecchi i profughi azzurri finiti sotto la fiamma tricolore e in posizione egregia.

Però Giorgia Meloni da questo punto di vista è una politica della vecchia scuola. Per prima cosa si è premurata di garantire il rientro ai reduci della legislatura in corso. Poi di selezionare i nomi emergenti nei territori, dei quali la destra non si riempie la bocca come capita a sinistra ma nei quali, in compenso, è presente davvero. Infine il pattuglione dei nomi scintillanti: l’ex presidente del Senato Pera, con missione speciale le riforme istituzionali, l’ex magistrato Nordio, col cuore già nel ministero di via Arenula, l’ex dominus dell’Economia Tremonti, il «divo Giulio 2».

Raffaele Fitto ufficialmente deve ancora decidere tra Bruxelles e Roma. In realtà intende optare per l’Italia ma la lista dei fedelissimi per i quali reclama il seggio è lunga persino per FdI. Già acquisita invece la presenza, dal Brasile, del campione di Formula 1 Fittipaldi. In sospeso fino all’ultimo gli arrivi di Massimo Gandolfini, già organizzatore con l’alter ego Pillon del Family Day, in rappresentanza della destra cattolica, del manager Andrea Abodi e dell’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata. Nessun dubbio sul presidente uscente della Sicilia Musumeci, che col suo passo indietro per la riconferma ha sbloccato una situazione che si trascinava da mesi. Merita un po’ di gratitudine.

LA LEGA È STATA la prima a completare il proprio pacchetto, già nel primo pomeriggio di ieri, con il 56% di candidature femminili. Tra le quali spicca come nuovo ingresso la magistrata Simonetta Matone, collegio uninominale per la Camera a Roma, mentre per il Senato sempre nel Lazio ci sarà Giulia Bongiorno. Salvini, che renderà note solo oggi le liste proporzionali, ha scelto di riportare in parlamento l’intero gruppo dirigente, a partire dalla delegazione al governo.

Il dissenso interno, quello che in questi mesi ha fatto capo a Giorgetti, è stato sì penalizzato ma senza notti dei lunghi coltelli e senza tragedie, come del resto, nonostante le inevitabili tensioni, anche negli altri partiti. Per la destra è un momento magico. Non c’è giorno senza che dall’altra parte errori, gaffe e incidenti non la sollevi dall’obbligo di dover fare campagna elettorale. Di dissipare il vantaggio per mettere in piazza i malumori non ha voglia nessuno.

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