Candidabile chi ha patteggiato, Severino un po’ meno severa
Giustizia Le istruzioni del Viminale in vista delle elezioni amministrative di maggio. E' un effetto della riforma Cartabia che puntava a incentivare il ricorso ai riti alternativi al processo. E una conseguenza del no ai ricorsi di Berlusconi
Giustizia Le istruzioni del Viminale in vista delle elezioni amministrative di maggio. E' un effetto della riforma Cartabia che puntava a incentivare il ricorso ai riti alternativi al processo. E una conseguenza del no ai ricorsi di Berlusconi
Le istruzioni del Viminale sono di quasi tre settimane fa, contenute nel manuale per la presentazione e l’ammissione delle candidature alle prossime elezioni amministrative. Contengono, a pagina 83, un’importante novità per la prossima tornata elettorale: «Tutti i soggetti per i quali sia stata pronunciata sentenza di patteggiamento non incorrono più in una situazione di incandidabilità».
È una breccia nella legge Severino, quell’insieme di norme firmate nel 2012 dall’allora ministra della giustizia del governo Monti che portarono come effetto più noto alla decadenza di Berlusconi dal senato. Il Cavaliere era stato condannato con sentenza definitiva, invece assai più dure erano le previsioni per eletti e candidati nei comuni e regioni e per gli amministratori locali. In quei casi, infatti, per la decadenza e l’incandidabilità era stata prevista una semplice condanna, non definitiva, in primo grado.
Una regola draconiana, da subito in sospetto contrasto con la previsione costituzionale della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva. Ragione per cui diversi sono stati i tentativi di cambiarla, ultimo il referendum promosso da radicali e Lega l’anno scorso (fallito perché non è stato raggiunto il quorum di validità). Soprattutto i sindaci sono da sempre molto ostili a questa norma e infine il ministro della giustizia Nordio in uno dei suoi frequenti annunci ha promesso che avrebbe messo mano alla legge Severino.
Intanto però è arrivata la riforma del processo penale della ministra del governo Draghi, Marta Cartabia. Che puntando a deflazionare i processi, così da ridurre i tempi della giustizia come impone l’accesso ai finanziamenti del Pnrr, ha reso più appetibili i riti alternativi. Il decreto legislativo 10 dicembre 2022 – attuativo della riforma Cartabia – ha stabilito che a carico di chi ha patteggiato «non producono effetti le disposizioni di legge diverse da quelle penali». Vale a dire che per tenere un imputato che patteggia per reati contro la pubblica amministrazione lontano dalle elezioni, il giudice deve adesso aggiungere la pena accessoria dell’interdizione. Se non la aggiunge, la legge Severino non può essere più applicata a chi patteggia.
Non può essere applicata proprio perché non è una sanzione penale. Particolare questo fondamentale, come stabilito da diverse sentenze anche della Corte costituzionale. Se la previsione della incandidabilità dei condannati avesse avuto la natura di sanzione penale, infatti, sarebbe incappata nel divieto di irretroattività delle sanzioni e dunque non sarebbe stata applicabile a tutti coloro che sono stati condannati per reati commessi prima del 2012, l’anno in cui la Severino è entrata in vigore. Il primo a goderne in quel caso sarebbe stato proprio Berlusconi.
Dunque, dopo la riforma Cartabia, la Severino è un po’ meno severa ed è aumentata la convenienza per gli aspiranti amministratori locali incappati in guai giudiziari di ricorrere al patteggiamento. Il Viminale ha chiesto un parere all’avvocatura dello stato, che ha risposto in questo senso. E così dal ministero dell’interno il 20 marzo è partita l’istruzione per le commissioni elettorali circondariali. Se non c’è la pena accessoria dell’interdizione ai pubblici uffici, chi ha patteggiato può essere ammesso nelle liste elettorali. Si voterà il 14 e 15 maggio in circa 800 comuni, di cui un centinaio grandi. Si attendono i primi casi di politici riammessi alla corsa. E le prime grida allo scandalo.
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