Campo de’ fiori, another one, please
Bar Avanza la movida sulle ombre di un'epoca sociale
Bar Avanza la movida sulle ombre di un'epoca sociale
C’era una volta un vini e oli a Campo de’ Fiori, la piazza a Roma con il monumento a Giordano Bruno, là bruciato dall’Inquisizione. Era una piazza molto diversa da quella attuale, non era isola pedonale, ogni mattina un vero ampio mercato offriva di tutto, pesce compreso, e tutt’intorno lavoravano 3 ristoranti, una drogheria, un fornaio, 2 bar, un tabaccaio, il cinema Farnese, negozi di vario genere tra i quali uno di vestiti usati e uno che d’inverno vendeva salsicce, salami e affini, e d’estate scarpe. Il vini e oli era frequentato perlopiù da anziani per un bicchiere di passito o di chinato, o per qualche litro di vino sfuso da portare a casa.
Poi corse l’anno ’68 e un po’ di studenti e di artisti prese casa nei dintorni, dove gli affitti erano ancora accessibili, spesso condividendo le spese e dando vita alle prime comuni. Il vini e oli di Giorgio e Roberta Reggio, un angusto locale dove si consumava in piedi, vide improvvisamente aumentare la sua clientela, che preferiva gli spinelli ma non disdegnava il vino.
Su un quaderno fitto di nomi Giorgio cominciò a segnare i «pagherò» di chi beveva a credito. Al calar della notte nella piazza e nei dintorni cessava ogni attività. Le uniche luci erano quelle fioche dei pochi lampioni e il quartiere nel buio e nel silenzio ricordava il suo aspetto medievale. Nelle notti estive un gruppetto di giovani, una quindicina di persone, amava sedersi al fresco sul sedile che in piazza Farnese corre lungo l’ambasciata francese – divenuta ora off limits – a parlare di politica, filosofia, musica, affari personali e magari rinfrescarsi in una delle due fontane prima del passaggio del non terribile metronotte.
Chissà se l’ambasciatore di Francia abbia mai assistito a una delle partitelle notturne che si svolgevano sotto le sue finestre. Spesso e non volentieri le nottate finivano al 1° Distretto di polizia per accertare chi fossero questi strani vagabondi notturni.
Dall’università occupata o in movimento frotte di studenti iniziarono ad affollare ogni sera il cinema Farnese, alle spalle del Nolano, bevendo tra nuvole di fumo, seduti spesso per terra, applaudendo a Easy Rider o a La battaglia d’Algeri. Il numero dei clienti del vini e oli cominciò ad aumentare in maniera esponenziale, e il locale, ampliato, in spazio e bottiglie, divenne il vinaio, un posto interessante dove potevi incontrare gente interessante. Da lì sono passati quotidianamente o occasionalmente, per fare un po’ di nomi: Daniel Cohn-Bendit, il cineasta Marc’O, Edgar Morin, Marilou Parolini, Francis Ford Coppola sorpreso a giocare a monetine col fotografo Dario Bellini, Gregory Corso con la scintillante dentiera regalatagli da Coppola e il lungo cappotto da ganster che ha indossato come comparsa nel film Il padrino, Francis Kuiper, il giornalista Julian Bees, l’artista islandese Roska e il suo compagno Manrico Pavolettoni, Michael Sullivan traduttore in inglese dei sonetti di Belli, Laura Betti, Italo Toni scomparso in Libano con Graziella di Palo, Glauber Rocha, Geoffrey Reggio, il giornalista e attore Senuccio Benelli figlio di Sem Benelli autore de La cena delle beffe, i pittori Stefano Caratene, Graziella Scotese, Franco de Franchis, Fabrizio Bertuccioli, Pupino Samonà e Tonino Caputo, il regista greco Stavros Tornes, Piero Ciampi, Luigi Serafini, Tano D’Amico, Adriano Mordenti, Alain Denis, Amelia Rosselli, Dario Bellezza, Fabio Garriba, Victor Cavallo, i musicisti Roy Zimmerman e Alvin Curran, i registi Gianfranco Fioredonati e Valentino Orfeo, l’architetto Giorgio Braschi, Alberto Grifi, Alessandra Vanzi, Simone Carella, il poeta Robertino De Angelis, Aldo Braibanti, forse Jean Paul Sartre e di sicuro Domenico Bocchini.
Acqua passata, attualmente il vinaio ha cambiato gestione ed è uno dei tanti wine-bar-ristoranti-gelaterie presidiati da buttadentro che hanno occupato e stravolto Campo de’Fiori. La polizia vigila sulla piazza superaffollata. Giordano Bruno impassibile osserva dall’alto. Leggenda vuole che di notte a volte giri su se stesso in direzione del cinema Farnese.
Un altro punto di raccolta dei primi esploratori post 68 del quartiere, a poca distanza da Campo de’ Fiori, in via Monserrato, era il bar tabacchi di Toto e le sue belle e difficilmente distinguibili gemelle, ora in mano cinese. Oltre al flipper disponeva di una sala con tavolini per giocare a carte e una sala con un biliardo. Gli artigiani che lo frequentavano accolsero con curiosità e interesse questi giovani cappuccinari che si davano da fare al flipper, e strabuzzarono gli occhi quando due ragazze si misero a giocare al biliardo, sala fino ad allora esclusivamente maschile. Toto divenne presto come un secondo papà, sereno, saggio, capace di sorridere e dire: «tranquillo, sono cose che succedono» a un giovane sconsiderato che aveva sfondato il vetro del flipper sedendoci sopra.
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