È stato il primo provvedimento del governo ed è il primo che dovrà cambiare. Il decreto legge con il quale Meloni, Piantedosi e Nordio hanno in un colpo solo rinviato l’entrata in vigore della riforma Cartabia del codice di procedura penale, aggirato le prescrizioni della Corte costituzionale sull’ergastolo ostativo e inventato il nuovo «reato di rave» che minaccia la libertà di riunione è finito ieri sotto un fuoco incrociato di critiche in commissione giustizia al senato. Fuoco anche amico, perché alcuni tra i giudizi più severi sono arrivati dagli esperti chiamati in audizione da Forza Italia ma anche da Fratelli d’Italia. È certo dunque che il decreto, per il quale molti giuristi ascoltati hanno negato i requisiti di necessità e urgenza, cambierà.

Sicuramente cambierà il nuovo articolo 434-bis del codice penale, circoscrivendo la fattispecie di reato ai soli rave musicali o ai raduni «con spaccio», mentre adesso ogni riunione non autorizzata con più di 50 persone può cadere nel divieto. Sarà abbassata la pena massima (non più di 5 anni) così da escludere che i partecipanti (anche potenziali) possano essere intercettati. La presidente della commissione, Giulia Bongiorno (FdI) ha stretto i tempi della discussione (il decreto da convertire scade a fine anno) e mercoledì ci saranno i primi voti. Pd e 5 Stelle che hanno già votato la norma sull’ergastolo ostativo in una formulazione identica sul finire della scorsa legislatura probabilmente rinunceranno a proporre modifiche se non, nel caso del Pd, per tornare alla distinzione tra mancata collaborazione dell’ergastolano per scelta o per impossibilità (mentre se i 5S proponessero modifiche queste sarebbero peggiorative rispetto alle prescrizioni della Corte). Quanto ai rave, il primo obiettivo delle opposizioni sarà cancellare del tutto la norma con emendamenti abrogativi (il termine scade lunedì), dopo di che si cercherà di ridurre il danno facendo sponda con Forza Italia.

Ieri intanto i senatori della commissione giustizia hanno sentito i giudizi pesantissimi sulla norma anti rave del professor Manes (chiamato da Fi) per il quale il decreto contiene una vera «truffa delle etichette»: la pericolosità della riunione non autorizzata è individuata nella riunione stessa e così, al contrario di quello che ha stabilito ripetutamente la Corte europea dei diritti dell’uomo, si introducono sanzioni penali che «comprimono le libertà costituzionali» di riunione. «Il criterio del pericolo», ha detto il presidente dell’Associazione magistrati, Santalucia, «è troppo generico e vago, un’anticipazione eccessiva della soglia della punibilità». Mentre sul rinvio della riforma Cartabia, il presidente della camere penali Caiazza (anche lui chiamato da Fi) ha detto che sta creando nei tribunali «un caos peggiore di quello che voleva evitare». Per il costituzionalista Clementi il nuovo reato di rave «è palesemente sproporzionato rispetto all’entità della pena, contravvenendo ai principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza», tutto ok invece per il collega Guzzetta. Mentre riguardo alle norme sull’ergastolo ostativo, per la magistrata Merola (chiamata da FdI) è assai probabile «che la Corte costituzionale consideri il provvedimento peggiorativo delle modalità di esecuzione della pena» (in un fuori onda la presidente Bongiorno è sembrata convenire).

Altre critiche alla norma anti rave sono arrivate dal garante dei detenuti Palma, per il quale «il numero dei reati previsti dal nostro codice è già enorme, introdurne un altro è superfluo». Mentre Francesca Loffari di Amnesty ha spiegato che il decreto viola il «Patto internazionale sui diritti civili e politici», trattato Onu che tutela tutte le riunioni pacifiche, non solo quelle legali. L’avvocato Anselmo ha spiegato che «l’estrema genericità della norma ne consente un’applicazione discrezionale, il divieto di raduno può applicarsi anche agli studenti che manifestano nelle università». Oggi il bis.