Lavoro

Call center Ita, Altavilla si rimangia la clausola sociale

Call center Ita, Altavilla si rimangia la clausola socialeLa protesta dei lavoratori del call center Ita di Covisian sul tetto del teatro Politeama a Palermo

Cieli Precari Il presidente in commissione alla Camera addossa la colpa dei 543 licenziamenti a Covisian ma dimentica quanto dichiarato in un comunicato stampa sull'impegno a riassumere

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 10 maggio 2022

Non presentatosi il 20 aprile al ministero del Lavoro al tavolo per gestire il licenziamento collettivo di 543 lavoratori Covisian di Palermo e Rende sul call center di Ita, Alfredo Altavilla è stato costretto a sedersi davanti alle commissioni riunite Trasporti e Lavoro della Camera.

L’attesa era tanta, alimentata dalle voci di possibili soluzioni rispetto alla decisione di Covisian di non rinnovare il contratto per le condizioni capestro imposte da Ita nel bando. Il presidente di Ita ha invece trasformato l’audizione in un (prevedibile) attacco in contumacia a Covisian, rea di «un ricatto inaccettabile»: «la richiesta di una maggiorazione del corrispettivo per il servizio pari al 64%». In realtà Altavilla ha poi dichiarato di aver concesso «un aumento del 33% rispetto al costo a chiamata pattuito», ammettendo implicitamente che il prezzo definito nel bando era sproporzionate al servizio richiesto.

Nonostante le proteste di molti commissari (Varrica del M5s, Mura e Miceli del Pd), Altavilla è riuscito a far passare come «obiettive» le sue incredibili dichiarazioni: «Covisian ha unilateralmente aderito alla clausola sociale (la norma di legge che permette di tutelare i lavoratori nel cambio di appalto, ndr) per tutti i 543 lavoratori, e non era assolutamente obbligata a farlo, quando noi abbiamo sempre sostenuto che gli addetti a noi necessari fossero 220 (in realtà 211, ndr)». La scelta di Ita per il futuro è in totale controtendenza con le scelte di questi mesi – metodo Fca, riduzione più alta possibile del costo del lavoro con tagli e bandi al massimo ribasso – quella di «internalizzare il servizio, allargando la struttura già esistente di 40 persone a Roma del call center per i cosiddetti clienti di alto valore». Ma – è qui siamo al surreale – Altavilla specifica: «Non esiste la clausola sociale se si internalizza un servizio in successione di imprese nello stesso appalto». Dunque, una società privata – Covisian – decide di utilizzare la clausola sociale, una società a intero capitale pubblico – Ita – decide di non farsene carico.

Nella sua bontà Altavilla annuncia la possibilità di «assumere alcune decine di lavoratori di Palermo in smart working». Significa dunque che almeno 450 lavoratori saranno licenziati a fine maggio.

Peccato che la stessa Ita il 3 agosto scorso in un comunicato stampa di «precisazione» per smentire le proteste dei sindacati proprio sulla mancanza di clausola sociale nel bando, scrivesse: «Destano stupore le preoccupazioni dal momento che tutte le società invitate alla gara applicano lo stesso contratto nazionale che prevede l’utilizzo della clausola sociale essendo per Ita fondamentale salvaguardare la continuità occupazionale». In più tutta la lunga trattativa fra i sindacati e Covisian – finita a ottobre con l’impegno a assumere tutti i 543 lavoratori entro il 2023 – è stata fatta in costante contatto con la stessa Ita.

Oggi in audizione saranno ascoltati i sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom che annunciano battaglia anche per dare voce ai lavoratori di Palermo che da qualche giorno occupano il tetto del teatro Politeama.

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