Calenda fa tutto lui, o l’ha già fatto. E lancia un programma di destra
Elezioni Show del leader di Azione, ma Renzi non c'è: «Senza Draghi Italia spacciata»
Elezioni Show del leader di Azione, ma Renzi non c'è: «Senza Draghi Italia spacciata»
Matteo Renzi non c’è, «una scelta tattica», sorride Calenda, svettano le new entry soffiate al Cavaliere: Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Maria Elena Boschi è di lato sul palco, a lei l’ultimo intervento, dimesso, per illustrare il programma sulla giustizia, una brutta copia di quello di Forza Italia con tanto di separazione delle carriere, no all’appello dopo le sentenze di assoluzione e ritorno della prescrizione.
La star alla presentazione del programma di Azione e Italia Viva è una e una sola: Carlo Calenda, più stentoreo del solito «(Cambiare l’Italia è una roba tosta, non servono mollacchioni»), convinto che «noi abbiamo le proposte di buon senso, da destra e sinistra solo demagogia, io ho fatto il Tap, io volevo privatizzare Alitalia ma i partiti non me l’hanno permesso, nessuna delle coalizioni sarà in grado di governare» e così via. I sondaggi inchiodano la strana coppia al 5%, ma potrebbe andare peggio se lo scontro si polarizzerà tra Letta e Meloni. Su due punti però è sincero: «Io e Renzi abbiamo lavorato a lungo assieme e non c’è un giorno che non abbiamo litigato». Secondo: «Non capirò mai perché Letta si è alleato con Fratoianni e non con i 5 stelle». Il programma si può riassumere in una frase: «Il nostro obiettivo è semplice: andare avanti con l’agenda draghi e con il metodo Draghi, avere possibilmente Draghi come presidente del Consiglio, Conte l’ha fatto cadere per invidia, attuare le riforme del Pnrr. O va avanti Draghi oppure il paese è andato: ogni alternativa farebbe uscire l’Italia dalla Nato, dal Pnrr e dal quantitative easing».
Per il resto c’è tutto l’armamentario della destra liberista: crescita delle spese militari al 2% del Pil «entro il 2025», termovalorizzatori, nucleare, no alla patrimoniale, stop al reddito di cittadinanza dopo il primo rifiuto («Ma io sarei stato molto più tranchant», fa sapere Renzi), spazio alle agenzie private per trovare occupazione ai percettori, abolizione del decreto dignità per riallargare i contratti a termine, ritorno dei voucher. C’è però il salario minimo a 9 euro, «ma senza irrigidire il mercato del lavoro», per carità. C’è anche l’elezione diretta del premier, con l’abusato termine «sindaco d’Italia» e il ritorno delle modifiche al bicameralismo paritario già bocciate dal referendum del 2016 che travolse il governo Renzi. E anche il «presidio dei confini» per frenare gli immigrati, accompagnato dallo ius scholae.
Calenda sogna di ripetere l’exploit delle comunali a Roma, quando da solo raggiunse il 20%. La sua strategia si basa sulla speranza che, dopo il voto, le due coalizioni si spacchino. «Il Pd tornerà coi 5S, a destra si odiano tanto che Salvini preferirebbe governare con Rifondazione comunista piuttosto che con Meloni». Alla leader di Fdi Calenda riserva una stoccata: «Non credo ci sia un rischio fascismo, ma la fiamma nel simbolo vuol dire partito post fascista. Se non ripulisce le liste i leader europei non le stringeranno la mano».
Carfagna è a suo agio nei panni della moderata: «Mi viene un gran ridere quando vedo i primi manifesti della destra con lo slogan “risollevare l’Italia”, noi lo stavamo facendo davvero con Draghi. Calenda conferma che correrà nel collegio di Roma centro per il senato, contro Emma Bonino. Per lui previsto anche un paracadute nel proporzionale. Renzi invece sarà nel listino di Milano.
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