Calabria, nella faggeta le pale non girano più
Nella scenografica strada che dal mare sale verso le Serre il colore dominante è il verde. Nell’ultimo tratto costeggia un bosco di sugheri misti a lecci e poi salici, ontani, pioppi, le canne palustri che circondano le rive del Lago dell’Angitola, creato negli anni ’60 con lo sbarramento di un fiume. E poi c’è la faggeta del monte Coppari che svetta più in alto ricoperta di neve a mille metri di altitudine. Una via interna che tocca Capistrano ci porta in 10 km a Monterosso Calabro.
È QUI CHE UNA MULTINAZIONALE del settore eolico avrebbe voluto impiantare un parco di sei generatori eolici ultramoderni, da trecento metri di altezza ed emissioni sonore da 65 decibel. Con buona pace della faggeta che delle preserre vibonesi e del comprensorio dell’Angitola costituisce la ricchezza naturale di vanto. Rinomata in questi ultimi anni perché attraversata dal sentiero del Kalabria Coast to Coast. Escursionisti da tutta Europa percorrono ogni anno i 35 chilometri che da San Vito sullo Jonio conducono a Pizzo, sulle rive del Tirreno, lungo un suggestivo percorso immerso nella natura alla presenza di molte specie sia di terra che volatili. Un luogo magico, la faggeta, che nei mesi di settembre-ottobre si ricopre di uno spettacolare tappeto di ciclamini.
PER LA REALIZZAZIONE DELL’OPERA eolica erano previsti 80.000 metri quadri di scavo da movimentare nelle aree e sulla viabilità ordinaria, compreso un volume non trascurabile destinato a discarica, una pista di lavoro/strada di accesso per una lunghezza superiore ai 5 chilometri, ampie piazzole per l’installazione dei generatori, opere di perforazioni e cementificazione superficiale per il deflusso delle acque con tubazioni e manufatti di cemento armato.
La superficie interessata era 8 ettari di territorio. Il progetto presentato da Renewables Italia srl (Rwe) prevedeva l’abbattimento di 2000 alberi secolari in un contesto ambientale ed ecosistemico di pregio. I faggi e gli abeti bianchi incastonati nella foresta infatti contraddistinguono un habitat ricco di biodiversità. Ma da quando nel 2017 il progetto è stato depositato in Regione, un ampio fronte ha fatto da argine allo strapotere della multinazionale. Il canovaccio, d’altronde, era già stato sperimentato altre volte in terra di Calabria. Una sistematica opera di saccheggio e distruzione delle risorse naturali della regione, del suo patrimonio paesaggistico e storico-culturale, senza alcun ritorno economico e occupazionale.
ED OGGI POSSONO FESTEGGIARE un successo le associazioni Kalabria Trekking, Wwf, Italia nostra, Vitambiente, Lipu, gli altri comitati locali del Vibonese, nonché le realtà produttive come l’Avamposto Agricolo Autonomo che gestisce un’asineria etologica e promuove l’educazione all’aperto. La Regione non ha dato l’autorizzazione al parco eolico. Per il dipartimento Tutela del territorio l’opera avrebbe impattato in modo irreversibile con l’ambiente circostante. Lo scorso anno, per protesta, la rete di difesa territoriale organizzò una grande marcia verso il Monte Coppari, piantumando altri faggi proprio nei punti ove sarebbero state ubicate la pale. «Abbraccia l’albero», lo slogan del lungo corteo che si è inerpicato sino in cima. Durante il percorso ogni partecipante aveva potuto abbracciare un albero tra quelli presumibilmente abbattuti per lasciar spazio alle pale.
È STATA UNA LOTTA NON CONTRO L’EOLICO, quanto piuttosto contro la scelta del sito dove svilupparlo. Lo spiega Alfonso Grillo, commissario del Parco regionale delle Serre. «Bisogna impedire che luoghi dal carattere ambientale prestigioso – spiega Grillo – vengano selvaggiamente barattati per convenienze di tipo economico e produttivo. Valorizzare i beni ambientali e naturali della Calabria per farne una regione a chiaro indirizzo turistico è un principio inalienabile».
Lo ribadisce il Wwf Calabria. «Siamo favorevoli alle fonti vere di energia alternativa, dalle quali escludiamo però gli impianti a biomassa – sottolinea Angelo Calzone, delegato regionale -. Questo atteggiamento favorevole non è incondizionato. E risponde alla politica del caso per caso. Non ha senso realizzare un impianto eolico in un bosco se l’obiettivo è la riduzione delle emissioni di CO2. È assurdo, infatti, distruggere centinaia di alberi che quella CO2 catturano. Le fonti rinnovabili non possono essere realizzate distruggendo la biodiversità e devono essere sottoposte ad un’approfondita valutazione di impatto ambientale. Nel caso di Monterosso le pale avrebbero compromesso una splendida faggeta e tante specie vegetali e animali tutelate dalla direttiva habitat e uccelli. Inoltre – conclude Calzone – lo studio di impatto ambientale non considerava (come prevede la legge) l’impatto cumulativo con gli altri impianti già presenti nella vasta e non vi era uno studio di incidenza ambientale che tenesse seriamente in conto gli effetti sul vicino Lago Angitola».
GIUSTA DUNQUE LA DECISIONE della regione Calabria. «Tuttavia – denuncia Dario Macrì, portavoce del movimento ambientalista delle Preserre – questo risultato sarebbe vano se un altro parco eolico, che riguarda le montagne del comune di San Vito (confinante con Monterosso), riuscisse ad ottenere il via libera dal ministero dell’Ambiente. Tra l’altro, ciò rappresenterebbe uno scandalo visto che le motivazioni del diniego – in particolare quelle riguardanti l’impatto cumulativo di altre pale eoliche su un territorio già martoriato e la preservazione di un bosco sostanzialmente con le stesse pregevoli caratteristiche di quello di Monterosso – possono calzare a pennello anche su questo nuovo progetto di devastazione del territorio.
Ma la nostra battaglia ha bisogno dell’appoggio fattivo delle amministrazioni comunali, che nel caso di Monterosso sono state decisive. E che invece in altre occasioni, nella gran parte dei casi, se ne lavano le mani, magari accecate dalle elemosine fornite dai loschi figuri delle grandi multinazionali dell’energia, le uniche a guadagnarci veramente in questo business». A queste latitudini l’unico vento che spira con forza è quello della protesta e della lotta.
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