I lobbisti dell’industria dei combustibili fossili hanno esercitato con successo pressioni sui governi europei e sull’Ue per indebolire le misure destinate a ridurre le bollette delle famiglie, a proteggere le persone dallo spettro della povertà energetica e a tassare gli immensi extra profitti generati durante la crisi energetica. Lo racconta Cold homes, hot profits, l’ultimo rapporto della rete europea Fossil Free Politics, di cui fa parte anche l’associazione italiana ReCommon.

Il rapporto esamina vari casi rilevanti, sia in singoli paesi che a livello di istituzioni comunitarie. Non poteva mancare l’Italia, dove il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin ha nominato come suo consulente «esperto di comunicazione strategica» Maurizio Ravidà, persona in «ottimi rapporti» con il comparto fossile. Nel 1997 Ravidà ha fondato a Torino la Sec & associati srl, una società di comunicazione di cui dal 2004 è amministratore delegato. L’impresa è controllata per il 51 per cento dalla multinazionale Sec attraverso la Sec Newgate spa. Il gruppo attualmente è controllato a maggioranza dalla Investcorp, una società di gestione degli investimenti con sede in Bahrein, che detiene quote di diverse aziende italiane.

Nello studio di Fossil Free Politics si spiega che Sec è molto attiva in Europa nei servizi di lobbying forniti al settore delle energie fossili. Attraverso la controllata belga Sec Newgate Eu, il gruppo annovera tra i suoi clienti International Association of Oil & Gas Producers, Natural & bio Gas Vehicle Association, Hydrogen Europe e FuelsEurope. Eni fa parte di tutte queste quattro associazioni che si battono per far valere le ragioni dell’oil&gas. In un articolo apparso sul quotidiano Domani Ravidà ha ridimensionato il rapporto tra la sua società e la Sec Newgate spa.

FACENDO IL GIRO D’EUROPA, Cold homes, hot profits racconta come nella Repubblica Ceca il gigante dell’energia EPH ha usato le minacce pubbliche, un potente impero mediatico e i legami con il partito politico al governo per ritardare e indebolire la tassa sugli extra profitti. Nel Regno Unito, il gruppo di pressione del settore dei combustibili fossili Offshore Energies UK ha utilizzato un accesso privilegiato, ricevimenti parlamentari e gruppi consultivi speciali per garantire che la tassa sugli extra profitti fosse indebolita e infarcita di scappatoie. Gli analisti di Fossil Free Politics hanno calcolato che solo nel 2022, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, gli incontri con gli esponenti della Camera dei Comuni sono stati 210, praticamente quasi uno ogni giorno lavorativo.

Sempre nel 2022, in Spagna le compagnie energetiche Endesa, Naturgy e Iberdrola hanno aumentato i loro introiti del 35 per cento, per un totale combinato di ben 120 miliardi di euro. Per garantire i loro interessi le tre società avrebbero utilizzato una complessa rete di manovre politiche e un massiccio impiego di avvocati di altissimo livello precedentemente sotto contratto presso ministeri e altre istituzioni. Una serie di porte girevoli che si accompagna con lo scarsissimo livello di trasparenza relativo ai possibili incontri di esponenti parlamentari con i lobbisti del settore energetico – solo circa il 10 per cento dei deputati e dei senatori spagnoli pubblica l’elenco dei suoi meeting.

L’INTERNATIONAL ASSOCIATION OF OIL & Gas Producers (IOGP), nel cui board siedono BP, Eni, Equinor and ExxonMobil ha esercitato pressioni sulla Commissione Europea, spingendo per una maggiore quantità di gas fossile e per altre tecnologie volte a prolungare la vita del gas, come la cattura del carbonio o l’infrastruttura per l’idrogeno, non ancora sperimentate. Non a caso è stata chiamata dalla stessa Commissione a fornire una consulenza interessata che, sostengono gli estensori del rapporto, manterrà alte le bollette e farà sì che l’Europa rimanga vincolata ai combustibili fossili. Un po’ come accaduto nel Regno Unito, anche in ambito Commissione europea dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina fino al termine del 2022 gli incontri con dirigenti di aziende del comparto fossile sono stati circa 200.

LA RICERCA È STATA PRESENTATA a fine ottobre a Bruxelles durante una due giorni di azioni e incontri, in cui è stata spinta con forza la richiesta di creare un vero e proprio firewall, una netta separazione tra i rappresentanti dell’industria dei combustibili fossili e tutti coloro che hanno potere decisionale sulle politiche climatiche ed energetiche.

NEGLI STESSI GIORNI, gli appartenenti a quattro gruppi politici del Parlamento europeo hanno lanciato un nuovo impegno a favore di una politica libera dai combustibili fossili in Europa, mentre oltre cento organizzazioni della società civile e dei sindacatihanno pubblicato una dichiarazione che chiede lo stesso.

SONO INVECE OLTRE 100 MILA LE FIRME alla petizione online sullo stesso tema, a dimostrazione che il problema c’è ed è particolarmente sentito. I lobbisti ne dovranno tener conto, la prossima volta che proveranno a fare opera di convincimento di parlamentari e funzionari istituzionali