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Boutade universale, il caso Roccella finisce sul British Medical Journal

Boutade universale, il caso Roccella finisce sul British Medical JournalLa ministra della Famiglia e delle Pari opportunità Eugenia Roccella – Ansa

Gestazione per altri, «Metodologia demonizzata» «Clandestini», Hiv e aborto: tutte le volte che i medici hanno detto no alla delazione

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

Diventa un caso internazionale, il «reato universale» di maternità surrogata introdotto nell’ordinamento italiano con la legge approvata in via definitiva al Senato il 16 ottobre. Dopo l’appello alla delazione che la ministra Roccella ha rivolto ai medici italiani, la prestigiosa e storica rivista scientifica British Medical Journal (Bmj) dedica un focus particolare alla norma voluta fortemente dalla premier Meloni che inserisce nella legge 40 il divieto di ricorrere alla Gestazione per altri non solo sul territorio italiano, come era fin dal 2004, ma anche quando le coppie italiane vi ricorrano in un Paese estero dove la Gpa è permessa o legalizzata. Con il titolo «L’Italia vieta ai cittadini di cercare la maternità surrogata all’estero», l’approfondimento pubblicato su Bmj – tra le pubblicazioni medico scientifiche più accreditate al mondo insieme a Lancet, New England Journal of Medicine e Journal of the American Medical Association – condivide la ferma posizione espressa dai medici italiani e in particolare dal presidente della Fnomceo, Filippo Anelli.

Come lui, anche il direttore del Global educational programs della International federation of fertility societies, Luca Gianaroli, ha ribadito su Bmj che «il ministro non ha la minima idea del principio di non divulgazione di informazioni riservate sui pazienti. La legge è sbagliata e mal concepita – continua lo specialista in medicina riproduttiva nell’articolo che esalta questo punto di vista – perché demonizza una metodologia e non tiene conto del fatto che le metodologie scientifiche continuano a cambiare drasticamente e continuamente per via degli sviluppi tecnologici. La maternità surrogata potrebbe diventare obsoleta in futuro e sostituita da uteri artificiali, per esempio».

D’altronde ancora ieri la ministra delle Pari opportunità Eugenia Roccella, dal salotto di Porta a Porta, insisteva: «Noi non abbiamo mai richiesto un obbligo, ma abbiamo chiesto un senso di responsabilità da parte della classe medica». Questa volta la risposta è venuta dalla Società italiana di Neonatologia con una posizione identica a quella presa nei giorni scorsi da tutti gli altri specialisti: «La nostra unica preoccupazione è la salute dei neonati e la tutela delle loro famiglie. Rifiutiamo di trasformarci in delatori e continueremo ad assistere con passione, professionalità e dedizione i nostri piccoli pazienti senza discriminazioni».

Per i medici, e i sanitari in generale, non è una novità il tentativo di essere arruolati per togliere le castagne dal fuoco di chi ha prodotto leggi discriminatorie e inapplicabili. Fu così nel 2009, quando i sindacati dei camici bianchi si ribellarono alla norma contenuta nel ddl sicurezza del governo Berlusconi IV che prevedeva l’obbligo di denunciare gli immigrati clandestini in cura nelle strutture sanitarie. Era stato così pure prima del 1978, quando l’aborto era ancora illegale e le donne si rivolgevano alle “mammane” per paura di essere denunciate dai medici. E, ancora prima della legge sulla privacy del 1996 (e prima del famoso bacio dell’immunologo Fermando Aiuti alla donna sieropositiva), almeno per un decennio l’Italia si era già interrogata sulla necessaria riservatezza dell’identità dei pazienti affetti da Hiv.

Sulla modifica della legge 40 appena approvata si è espressa anche la ministra spagnola della Parità Ana Redondo che ad aprile aveva irritato la premier Meloni per aver criticato l’apertura dei consultori italiani agli antiabortisti. Questa volta però la socialista Redondo, fortemente contraria alla Gpa tanto da schierarsi contro la recente sentenza della Corte Suprema spagnola che ha stabilito che i bambini nati da Gpa possano essere iscritti all’anagrafe come nati in Spagna, pur criticando la norma italiana in quanto «inefficace», invoca una «regolamentazione internazionale, ed europea» per proibire «l’utero in affitto e tutto quello che suppone».

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