Si fa presto a parlare di cuneo fiscale. E ancor meno di salario minimo.

Se martedì Mario Draghi ha dato per scontato un intervento su questi due temi, ieri l’incontro con il capo di Confindustria Carlo Bonomi ha centrifugato le certezze del presidente del consiglio. Perché se Cgil, Cisl e Uil chiedono unitariamente che lo «sconto fiscale» vada interamente nelle tasche dei lavoratori, il prode Bonomi punta ad almeno un terzo a favore delle imprese.
Sul fronte del salario minimo invece il capo degli industriali contesta totalmente l’intervento: «La direttiva Europea prevede il salario minimo solo per i paesi con tassi di applicazione dei contratti nazionali sotto il 70 per cento e noi in Italia siamo all’80 per cento: fissare un salario minimo scassa la contrattazione».

Se proprio il governo dovesse intervenire, Bonomi ha già una sua linea Maginot contro la proposta del ministro Andrea Orlando: il suo nome è Tem, trattamento economico minimo. Se il ministro Pd punta a estendere ai lavoratori non coperti da contratto nazionale o da contratti sotto i 9 euro lordi il Trattamento economico complessivo (Tec) definito nei contratti maggiori di categoria, Confindustria risponde sostenendo che il Tec è troppo generoso perché contiene anche elementi integrativi come premi di produzione e welfare. Per questo Bonomi punta sull’estensione del Trattamento economico minimo, il Tem, che non li contiene. Alcune stime quantificano la differenza addirittura in 500 euro al mese.

L’incontro con Draghi di ieri pomeriggio è stato molto più breve rispetto a quello con i sindacati ma «collaborativo e positivo», confermano fonti da entrambe le parti. Poco più di un’ora per affrontare le priorità maggiori, dal salario minimo al taglio del cuneo fiscale, senza dimenticare l’emergenza energetica che per Bonomi mette a repentaglio «la vita di migliaia di imprese». La riunione è rimasta comunque a un livello interlocutorio in attesa che il governo dia forma al nuovo intervento anticrisi nelle prossime settimane.

Draghi ha comunque anticipato la volontà di andare avanti nel confronto e di proseguire anche con tavoli specifici per materia: politica industriale per automotive e siderurgia, energia, Pnrr e legge di bilancio.

La sedicente «svolta sociale» del governo prevede innanzitutto la difesa dei salari e del lavoro. Ma i tempi sarebbero differenziati: subito, entro il mese, un provvedimento «corposo» per affrontare nuovamente le emergenze rincari. Un nuovo decreto Aiuti a favore di famiglie e imprese con il premier che ha promesso un nuovo incontro con i leader sindacali prima della definizione in Consiglio dei ministri.

Rimandato invece a settembre – indispettendo Landini e Bombardieri – con la discussione sulla legge di Bilancio, il pacchetto di interventi strutturali.

Oltre ai rinnovi dei contratti, che potrebbero essere incentivati detassando gli aumenti (storica richiesta della Fiom), si pensa anche ad interventi diretti a rafforzare la protezione anche attraverso la decontribuzione. Evitando però, come nel caso della misura introdotta nella scorsa manovra, che gli sgravi siano utilizzati per contratti a termine o part time.

Sulla lotta alla precarietà invece siamo ancora al caro amico.

Ieri, come al solito, è stato il ministro Renato Brunetta a sparare qualche anticipazione, naturalmente pro domo sua. Le coperture del decreto Aiuti deriverebbero dall’extragetitto accumulato in questi mesi di superinflazione proprio con l’Iva: tra gennaio e maggio gli incassi Iva sarebbero aumentati di circa 10 miliardi, pari a quasi il 20% in più dello stesso periodo dello scorso anno. «Per le famiglie a basso reddito, a causa dell’inflazione, il carrello al supermercato rischia di restringersi. Sto lavorando, assieme al ministro dell’Economia, a una serie di interventi per lasciare intatto quel carrello», ha sparato Brunetta, aggiungendo anche un’altra perla: l’ampliamento dei fringe benefit (le agevolazioni previste per i manager tipo auto, buoni, assicurazioni), «agevolando gli accordi aziendali per la difesa del potere d’acquisto dei dipendenti».