Lui punta sull’«esperienza», sulla capacità di «tenere unito il partito» e di presentarsi come credibile alternativa per palazzo Chigi. Lei parla al diffuso popolo di sinistra che in questi anni ha voltato le spalle al Pd, invitandoli a votarla per cambiare tutto e farne un partito di sinistra.

CONFRONTO TV IERI SERA a Skytg24 tra Stefano Bonaccini e Elly Schlein. Il presidente dell’Emilia-Romagna e quella che è stata la sua vice fino a pochi mesi fa. E infatti il clima tra loro è amichevole (i loro supporter invece si menano sulle responsabilità del jobs act). Alla fine, oltre alla rituale stretta di mano, c’è anche un abbraccio con bacio sulla guancia. Lui punta sulla rassicurazione, vira un poco a sinistra ma senza rinnegare nulla delle scelte del passato. Si limita a voler cambiare «un gruppo dirigente che ha subito troppe sconfitte», sostituendolo con gli amministratori locali, senza indicare le ragioni di quelle sconfitte. Lei infila il coltello in un partito che «non è stato all’altezza in sfide come la lotta alle diseguaglianze, la precarietà e il clima». «Voglio ridare una casa a chi si è sentito orfano della sinistra», dice Schlein, che torna più volte sugli errori fatti dai dem, soprattutto ai tempi di Renzi, dal Jobs act ai decreti Poletti che estesero i contratti a termine. E indica il modello della Spagna che «ha limitato i contratti precari». Il governatore emiliano invece auspica che il lavoro precario «costi di più» e propone «incentivi alle imprese che assumano a tempo indeterminato». Lei rilancia: «Non basta far pagare meno il lavoro a termine, servono più tasse sulle rendite finanziarie, e una diminuzione dell’orario di lavoro a parità di salario».

I DUE SFIDANTI DICONO cose simili sulla guerra in Ucraina: «Sì al sostegno anche militare ma serve più diplomazia». Schlein rimarca il fato di sentirsi «pacifista», ma al dunque la linea è la stessa. Così anche sul 41 bis, che nessuno dei due vuole abolire, ma nessuno andrebbe oggi in carcere a trovare l’anarchico Alfredo Cospito. E sulla sanità pubblica che entrambi vogliono difendere dai tagli. Sintonia anche sulle alleanze: entrambi non si sbilanciano, e preferiscono concentrarsi sulla ricostruzione del Pd. A domanda su chi imbarcherebbero in un camper da loro guidato, tutti e due dicono di voler portare con sé lo/la sfidante, e poi Gianni Cuperlo e Paola De Micheli. Nessuno vuole Giuseppe Conte o Carlo Calenda. Schlein a sorpresa, oltre a una giovane neolaureata in cerca di lavoro, indica Meloni, «per dirle che non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non difende le altre donne». Bonaccini se ne guarda bene. E indica tra i suoi passeggeri ideali Liliana Segre, Veltroni e Mario Draghi.

SUL GIUDIZIO VERSO il governo Bonaccini si corregge: «Io darei un 4, per scelte come il superbonus, le accise sulla benzina, la lotta alle ong. Ma se dicessimo che Meloni è incapace dopo che ci ha battuto saremmo ridicoli». Schlein insorge: «Bisogna essere più netti nel dire che questo governo colpisce i più poveri, è brutale contro i migranti e non ha neppure il coraggio di condannare l’aggressione squadrista agli studenti di Firenze». Bonaccini controreplica: «Non voglio vincere perché parlo male degli altri, ma perchè gli elettori mi ritengono affidabile».

DUE IDEE DIVERSE DEL RUOLO di opposizione: più battagliera lei, lui più preoccupato di apparire affidabile anche agli occhi di chi ha votato a destra. Sul reddito di cittadinanza, lei annuncia barricate per difenderlo lui è più timido: «Non ha funzionato nel creare occupazione». Distanze anche su autonomia differenziata e migranti. Il governatore ricorda che lui aveva proposto un’idea diversa di autonomia «che non toccava sanità e scuola», lei è più netta: «Un disegno pericoloso che va rigettato con forza. Non possiamo essere favorevoli al nord e contrari al sud». Sui migranti lei ricorda il sì del rivale alle politiche di Minniti di finanziamento alla guardia costiera libica, dice «mai più» e propone di abolire la Bossi-Fini. Lui è d’accordo sulla legge da abolire, e anche sullo ius soli. Lei insiste sulla legge Zan, sul matrimonio per le coppie lgbtqi+ e per i diritti dei loro figli. Lui dice sì alla Zan, sugli altri punti non si pronuncia. E avverte: «Per far avanzare i diritti bisogna convincere la maggioranza degli italiani».

Sulle differenze tra loro, Bonaccini non insiste: «Lo valuteranno gli elettori». Schlein invece ci tiene a sottolinearle. Lui le chiede se sarà leale in caso di sconfitta: «Sì, abbiamo già dimostrato in Emilia di saper lavorare bene insieme». Obiettivo comune: almeno un milione di persone domenica ai gazebo.